La legge reca il TITOLO: “ Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”
L’ Articolo 1 precisa che “lo Stato GARANTISCE la procreazione cosciente e responsabile, RICONOSCE il valore sociale della maternità, TUTELA la vita umana dal suo inizio”.
Sempre l’ Articolo 1 afferma che “l’interruzione volontaria della gravidanza NON è un mezzo per il controllo delle nascite”. Ad evitare che sia usato a tal fine prevede che lo Stato, le regioni e gli enti locali sviluppino servizi socio-sanitari ed altre iniziative necessarie, ciascuno secondo le proprie competenze.
L’ Articolo 2 stabilisce che i consultori familiari “assistono la donna in stato di gravidanza” fornendole informazioni sui servizi esistenti sul territorio, sulla tutela dei diritti che le spettano sia in ambito sociale che lavorativo e “ contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”.
Stabilisce ancora che per “aiutare la maternità difficile dopo la nascita” i consultori possano ricevere collaborazione da formazioni sociali ed associazioni del volontariato.
Sancisce infine che nelle strutture sanitarie e nei consultori è consentita anche ai minori la somministrazione di mezzi necessari “ per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile”
L’ Articolo 3 riguarda gli aspetti economici relativi alla copertura finanziaria per l’attuazione dei compiti che la legge prevede.
Dalla lettura dei primi tre articoli della legge risulta quanto sia improprio e fuorviante chiamare la 194 “LEGGE SULL’ABORTO”, mentre è ben chiaro, a partire dal titolo, che la legge medesima è finalizzata a tutelare la maternità ed a garantire la procreazione cosciente e responsabile.
Interruzione volontaria della gravidanza(IVG)entro i primi novanta giorni
L’ Articolo 4 stabilisce che è praticabile quando “la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la salute fisica o psichica” della donna “in relazione o al suo stato di salute o alle sue condizioni economiche, o sociali, o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”.
E’ la donna che personalmente si rivolge a un consultorio pubblico o ad una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione o a un medico di sua fiducia.
L’ Articolo 5 precisa che all’esame delle circostanze prospettate dalla donna si procede insieme alla donna medesima - e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta - ad opera degli operatori dei consultori o della struttura socio-sanitaria i quali, garantiti i necessari accertamenti medici, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata quale padre del concepito, “hanno il compito, in ogni caso” di cercare le possibili soluzioni dei problemi da lei proposti “offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza, sia dopo il parto”.
Analoghi compiti sono affidati al medico di fiducia. Quando nel corso delle indagini previste si riscontrano condizioni tali da rendere urgente l’intervento, la donna riceve il certificato attestante l’urgenza, con il quale può presentarsi subito ad una delle sedi autorizzate a praticare l’IVG.
Quando non viene riconosciuta l’urgenza, la donna riceve copia di un documento che attesta o stato di gravidanza e la sua richiesta di interruzione, sottoscritto anche da lei, e viene invitata a soprassedere per sette giorni, trascorsi i quali potrà ottenere l’IVG presso le strutture autorizzate.
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giovedì 29 gennaio 2009
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