La mozione è stata presentata in data odierna, questo il testo integrale:
Mozione (1-00045)
La Camera,
premesso che:
nel
nostro Paese, in ambito medico sanitario il diritto all'obiezione di coscienza
è espressamente codificato e disciplinato per legge riguardo: all'interruzione
della gravidanza, laddove l'obiezione è riconosciuta dall'articolo 9 della
legge n. 194 del 1978; alla sperimentazione
animale, dove l'obiezione di coscienza è disciplinata dalla legge n. 413 del 1993; alla procreazione medicalmente assistita,
dove l'obiezione di coscienza viene prevista e disciplinata dall'articolo 16
della legge n. 40 del 2004;
l'esercizio
del diritto all'obiezione di coscienza da parte del personale sanitario in
relazione all'interruzione volontaria di gravidanza riveste particolare
importanza, per le sue ricadute socio-sanitarie sulle donne, e sulla stessa
funzionalità del servizio sanitario nazionale;
ultima
relazione sullo stato di attuazione della legge n. 194
del 1978 presentata al Parlamento dal Ministro della salute il 9 ottobre 2012
riporta – tra l'altro – i dati definitivi sull'obiezione di coscienza
esercitata da ginecologi, anestesisti e personale non medico nel 2010. I dati
che emergono sono molto eloquenti e impongono ancora una volta, e con forza,
una seria riflessione sulla garanzia e la qualità del servizio per
l'interruzione della gravidanza disciplinata dalla legge n. 194 del 1978;
la
relazione dice che in Italia ben il 69,3 per cento dei ginecologi, del servizio
pubblico è obiettore di coscienza. In pratica quasi sette medici ginecologi su
dieci è obiettore. Se si analizzano i dati su base territoriale, si trova che,
ad eccezione della Valle d'Aosta, dove i ginecologi obiettori sono solamente il
16,7 per cento, le percentuali regionali non scendono mai al di sotto del 51,5
per cento. I dati medi aggregati per Nord, Centro, Sud e Isole indicano
percentuali di ginecologi obiettori di coscienza pari rispettivamente al 65,4
per cento; 68,7 per cento; 76,9 per cento; 71,3 per cento. Il maggior numero di
ginecologi obiettori si trova al Sud, con la punta più alta in Molise, dove si
raggiunge l'85 per cento;
i
dati della relazione al Parlamento in realtà non riescono a fotografare lo
stato reale della sua applicazione sul territorio nazionale, che risulta ben
più grave di quella riferita dal Ministro pro tempore;
si
ricordano, in tal senso, i dati resi noti da LAIGA (Libera associazione
italiana dei ginecologi per l'applicazione della legge 194) il 14 giugno 2012,
e risultanti da un attento monitoraggio dello stato di attuazione della legge
nella regione Lazio dai quali emerge una situazione reale ben più grave di
quanto riportato nella relazione del Ministro pro tempore: nel Lazio in 10
strutture pubbliche su 31 (esclusi gli ospedali religiosi che invocano una
obiezione «di struttura» e le cliniche accreditate, la maggior parte delle
quali ignora semplicemente il problema) non si eseguono interruzioni di
gravidanza. Nella medesima regione ha posto obiezione di coscienza il 91,3 per
cento dei ginecologi ospedalieri. In 3 province su 5 (Frosinone, Rieti,
Viterbo) non è possibile eseguire aborti terapeutici, il che costringe le donne
alla triste migrazione verso i pochi centri della capitale, sempre più
congestionati, o in altre regioni, o all'estero;
molte
strutture ospedaliere, per garantire l'applicazione della legge, ricorrono a
specialisti esterni convenzionati con il sistema sanitario ed assunti
esclusivamente per le interruzioni di gravidanza (medici SUMAI), o a medici «a
gettone», con un significativo aggravio per il Sistema sanitario nazionale;
a
livello nazionale, la principale conseguenza di un numero così elevato di
obiettori di coscienza è quella di rendere sempre più difficoltosa la stessa
applicazione della legge n. 194 del 1978, con effetti
negativi sia per la funzionalità dei vari enti ospedalieri e quindi del sistema
sanitario nazionale, sia per le donne che ricorrono all'interruzione volontaria
di gravidanza;
la
drammaticità dello stato di applicazione della legge comporta l'allungamento
dei tempi di attesa, con maggiori rischi per la salute delle donne e maggiori
rischi professionali per i pochi non obiettori, costretti loro malgrado ad una
cattiva pratica clinica;
a
fronte di questo stato «di emergenza» le donne devono spesso migrare da una
regione all'altra o addirittura all'estero, e, sopratutto tra le immigrate,
risulta necessario il ricorso all'aborto clandestino;
il
diritto all'obiezione di coscienza in materia di aborto per il personale
sanitario ed esercente le attività ausiliarie, è sancito dall'articolo 9 della
suddetta legge n. 194 del 1978, che allo
stesso tempo prevede che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate
siano «tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure e gli
interventi di interruzione della gravidanza. La regione ne controlla e
garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale»;
la
legge n. 194 prevede quindi scelte individuali
e responsabilità pubbliche. L'obiezione di coscienza è infatti un diritto della
persona ma non della struttura;
al
personale sanitario viene garantito di poter sollevare l'obiezione di
coscienza. Ma quel che è un diritto del singolo non è diritto della struttura
sanitaria nel suo complesso, che ha anzi l'obbligo di garantire l'erogazione
delle prestazioni sanitarie;
i
dati suindicati sulle percentuali molto elevate di obiettori, comportano oltre
che evidenti ricadute negative sulla stessa effettiva attuazione della legge
sull'interruzione volontaria di gravidanza e quindi sulle donne che rivendicano
l'inviolabile libera scelta a farne ricorso, anche conseguenze oggettivamente
pesanti sui sempre più pochi medici non obiettori, che spesso si ritrovano
relegati a occuparsi quasi esclusivamente di interruzioni di gravidanza con il
rischio più che concreto di una dequalificazione professionale, e conseguenti
effetti penalizzanti sulle loro stesse possibilità di carriera;
il
diritto della donna ad interrompere una gravidanza indesiderata, e quello del
personale sanitario a sollevare obiezione di coscienza dovrebbero poter
convivere affinché nessun soggetto veda negata la propria libertà. Di fatto,
tale ipotesi, trova estrema difficoltà nel realizzarsi per i numeri esorbitanti
dei medici obiettori che spesso si rifiutano anche di segnalare alle pazienti
un medico non obiettore o un'altra struttura sanitaria autorizzata alla
interruzione volontaria di gravidanza;
dal
2009 l'AIFA
ha autorizzato l'immissione in commercio del mifepristone, o Ru486, per
l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica, nel rispetto dei
precetti normativi previsti dall'articolo 8 della legge n. 194 del 1978; tale articolo prevede che l'interruzione
volontaria di gravidanza possa essere praticata in ospedali pubblici generali e
specializzati, e «case di cura autorizzate e presso poliambulatori pubblici
adeguatamente attrezzati». L'articolo 8 non precisa il regime in cui deve
essere praticata l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica
(ricovero ordinario, DH, prestazione ambulatoriale). Il Ministro della salute
pro tempore, in data 24 novembre 2010, ha chiesto in proposito il parere del
Consiglio superiore di sanità; il Consiglio superiore di sanità, nella seduta
del 18 marzo, ha individuato il ricovero ordinario come il regime più idoneo
per l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica;
i
dati riportati dalla letteratura internazionale, nonché i dati della regione Emilia
Romagna che ha adottato il regime di day hospital, non confermano la scelta e
le raccomandazioni del Consiglio superiore di sanità; gli stessi dati del
Ministero della salute sull'interruzione volontaria di gravidanza medica dicono
che dal 2005 al 2011 circa 15mila donne hanno scelto il metodo farmacologico, e
che il 76 per cento delle pazienti ha scelto la dimissione volontaria dopo la
somministrazione del mifepristone, senza che vi siano state complicazioni
maggiori rispetto alle donne che sono state ricoverate fino all'espulsione;
risulta
improrogabile la necessità di valorizzare e ridare piena centralità ai
consultori, quale servizio per la rete di sostegno alla sessualità libera e
alla procreazione responsabile. Come conferma anche l'ultima relazione al
Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 194
del 1978, «nel tempo i Consultori familiari non sono stati, nella maggior parte
dei casi, potenziati né adeguatamente valorizzati. In diversi casi l'interesse
intorno al loro operato è stato scarso ed ha avuto come conseguenza il mancato
adeguamento delle risorse, della rete di servizi, degli organici, delle sedi»,
impegna il Governo:
a
garantire il rispetto e la piena applicazione della legge n. 194 del 1978 su tutto il territorio nazionale nel pieno
riconoscimento della libera scelta e del diritto alla salute delle donne,
assumendo tutte le iniziative, nell'ambito delle proprie competenze,
finalizzate all'assunzione di personale non obiettore al fine di garantire il
servizio di interruzione volontaria di gravidanza;
ad
attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare, come
prevede la legge, il reale ed efficiente espletamento da parte di tutti gli
enti ospedalieri e delle strutture private accreditate, delle procedure e gli
interventi di interruzione della gravidanza chirurgica e farmacologica;
a
garantire il pieno rispetto della legge da parte di ogni struttura pubblica o
del privato accreditato (sia essa un ospedale o un consultorio), posto che solo
a fronte di questo impegno può essere concesso l'accreditamento;
ad
attivarsi perché l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica sia
offerta come opzione a tutte le donne, che, entro i limiti di età gestazionale
imposti dalla metodica, devono poter scegliere;
ad
attivarsi perché l'interruzione volontaria di gravidanza medica possa essere
praticata in regime di day hospital, che non comporta, come evidenziato dalla
letteratura scientifica internazionale e dalla stessa relazione del Ministero
della salute pro tempore, maggiori rischi per la salute, e che costa meno,
considerato che l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica viene da
tempo praticata in regime ambulatoriale o di day hospital negli altri Paesi
europei e nella stessa regione Emilia Romagna;
ad
assumere ogni iniziativa di competenza, affinché la gestione organizzativa e
del personale delle strutture ospedaliere sia realizzata in modo da evitare che
vi siano presìdi con oltre il 30 per cento di obiettori di coscienza, anche
attraverso un controllo più stringente sull'attuazione delle previste procedure
di mobilità del personale sanitario;
ad
assumere iniziative per prevedere che il requisito della non obiezione sia
introdotto per chi deve essere assunto o trasferito in presìdi, fissando la
percentuale di personale sanitario non obiettore al fine di garantire la piena
applicazione della legge n. 194 del 1978;
ad
assumere iniziative finalizzate a prevedere che il requisito della non
obiezione sia condizione all'espletamento delle funzioni apicali nelle
strutture di ostetricia e ginecologia dei presidi ospedalieri;
ad
assumere iniziative volte a prevedere – anche ai fini di una maggiore
trasparenza nel rapporto tra cittadini e medici di base – che i medici di
famiglia siano tenuti a comunicare agli ordini provinciali dei medici chirurghi
e odontoiatri ai quali sono iscritti, se intendono esercitare il loro diritto
all'obiezione di coscienza, facendo si che da dette comunicazioni i suddetti
ordini ricavino un apposito elenco pubblico;
ad
assumere iniziative per valorizzare e ridare piena centralità ai consultori
familiari, quale servizio fondamentale nell'attivare la rete di sostegno per la
sessualità libera e la procreazione responsabile, nonché strutture essenziali
per l'attivazione del percorso per l'interruzione volontaria di gravidanza;
a
confermare e diffondere la conoscenza dei diritti in tema di contraccezione di
emergenza, anche tramite adeguate azioni informative sull'esclusione del
diritto all'obiezione di coscienza per i farmacisti.
(1-00045) «Migliore, Nicchi,
Piazzoni, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo,
Duranti, Daniele Farina, Claudio Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano,
Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Paglia,
Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta,
Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».
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