lunedì 7 ottobre 2013

Assemblea pubblica il 9 ottobre a Borgo San Lorenzo per l'applicazione della 194


    Coordinamento difesa 194
       Assemblea Pubblica Mercoledì 9 Ottobre 2013 ore 21.15

 Saletta comunale “Pio La Torre”

Comune di Borgo San Lorenzo - Piazza Dante, 2 

Accessibilità, applicazione della L194 e obiezione di coscienza. Diritto delle donne all'autodeterminazione, laicità dello stato e ipotesi organizzative nel territorio del Mugello


Interverranno:

Tatiana Bertini Coordinamentodifesa194

Maurizio Romani Senatore 5s


Monica Sgherri Consigliera Regionale Fds-Verdi

Daniela Lastri Consigliera Regionale Pd

Mauro Romanelli Consigliere Regionale Sel

Stefania La Rosa SNOQ Firenze

Luisa Petrucci Libere Tutte

Grazia Innocenti Coordinamentodifesa194

Paola Sabatini Cub-Sanità

Coordina la serata Daniela Vangieri Fds-Verdi

giovedì 3 ottobre 2013

La bocciatura della mozione sulla 194 in Consiglio Regionale: un atto gravissimo

COMUNICATO STAMPA  - 3 ottobre 2013

Un gravissimo atto del Consiglio Regionale Toscano contro le donne
Il Consiglio regionale toscano ha bocciato, incredibilmente, a causa di inspiegabili voti contrari e di numerose assenze, una mozione che chiedeva la piena applicazione di una legge dello stato la legge 194/78, con particolare riferimento all'articolo 9, quello che assegna alle Regioni compiti di monitoraggio e garanzia dell'attuazione della legge (“...La Regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale ...”).
La bocciatura è grave: dà un segnale molto negativo di arretramento nei confronti dei diritti delle donne e contraddice un metodo di lavoro, costruito nel tempo, che si basa sul rapporto fra le elette e gli eletti e le varie realtà della società civile.
Eravamo arrivate infatti alla mozione, attraverso un lavoro di confronto, di elaborazione comune, di mediazione fra consigliere e rappresentanti delle associazioni delle donne.
Il voto del Consiglio ha spazzato via, nello stesso tempo, i contenuti della mozione, che chiedeva, soprattutto, che in ogni struttura fosse garantita l'attuazione della 194, ed una modalità di rapporto fra istituzioni e cittadine/i basato sulla partecipazione.
Per far sì che tutto questo non rappresenti un macigno sul percorso dell'affermazione dei diritti delle donne e dello sviluppo della democrazia partecipativa, la Regione deve realizzare, al più presto degli atti concreti per la piena attuazione della 194. Occorre prima di tutto avviare quel Tavolo regionale con la partecipazione delle associazioni delle donne, per cui si erano già impegnati l'Assessore Marroni ed il Presidente della Commissione Sanità Remaschi e che sarebbe dovuto partire nel luglio scorso.
E' necessario che sia lo stesso Presidente Enrico Rossi a farsi garante della applicazione di una legge dello stato e della ripresa di un cammino comune fra l'istituzione regionale ed il movimento delle donne.

Libere tutte - Firenze

mercoledì 2 ottobre 2013

"Fate qualcosa", appello delle donne valsusine

Libere Tutte aderisce all'appello delle Donne in Movimento Valle Susa, riconoscendo la validità di un metodo ed auspicando la riuscita di una lotta che ha prodotto nel tempo una crescita collettiva, valore prezioso che attualmente si vuole svilire riducendolo al frutto di un "problema" da affrontarsi militarmente.

Fate qualcosa.
La rete di persone che in questi lunghissimi anni è stata tessuta in Italia e anche all’estero si fa viva con telefonate, e-mail, sms per chiedere che si faccia qualcosa (con urgenza), che ci si materializzi per cercare di arginare la valanga di fango che scientificamente orchestrata tenta di sommergerci. (Fate qualcosa). Ma come, ancora? Pensavamo di aver fatto e detto/di tutto. Cos’altro ci dobbiamo ancora inventare? Strano come questa domanda rappresenti bene il quotidiano femminile (domanda storica). Sempre pronte ad interrogarci a inizio come a fine giornata: Ho dimenticato qualcosa? E’ tutto a posto? Ho fatto tutto? (come sempre e sempre di più delegate a coprire le mancanze dello stato sociale).
Questa volta in ballo c’è la difesa di un grande movimento popolare, di più, c’è una storia di oltre vent’anni dove ogni giorno è stato vissuto con intensità. Migliaia di persone quotidianamente hanno contribuito a renderla concreta mettendoci la faccia, portando idee, rendendosi disponibili, finanziandola. Una lotta, un’esperienza di territorio che molti non esitano a definire unica e che è partita e ha messo le sue basi non su un preconcetto ideologico ma studiando i progetti, i flussi di merci, l’impatto ambientale, i costi, verificando sul campo i dati in possesso. Negli anni è cresciuta anche la consapevolezza di avere fra le mani, di veder crescere qualche cosa che va oltre la semplice opposizione ad una grande opera inutile e devastante. Un modello di presa di coscienza collettiva che difficilmente può retrocedere, anzi, si allarga assumendo in sé tutti i temi più attuali: dal lavoro, ai servizi, alla sanità ecc. Partecipando e interrogandosi sempre.
Come ora. Ci si interroga sui fatti accaduti, sul significato che tutto questo assume, è un clima pesante, opprimente e sentiamo soprattutto ingiusto. E’ tale la violenza del linguaggio usato, la sproporzione dei racconti sui fatti realmente accaduti che vengono a mancare le parole per spiegare ai nostri figli increduli (e smarriti). Vediamo e sentiamo raccontare da giornali e Tv una storia che Non ci appartiene. Non siamo un problema di ordine pubblico, siamo una risorsa per questo Paese, siamo una risorsa perché in tutti questi anni il movimento è diventato una comunità critica, consapevole, che sa scegliere. E’ questo che fa paura?
Rivendichiamo il diritto alla partecipazione e alla gestione della cosa pubblica nel rispetto del bene comune e della volontà della popolazione.
Fate qualcosa, ci chiedono da tutte le parti.
Possiamo per esempio fare due conti (siamo abituate a far quadrare bilanci), e dunque siamo consapevoli dello spreco enorme di denaro pubblico sia per l’opera e sia per la badanza armata all’opera. E’ evidente che le dichiarazioni dei ministri che si dicono pronti a sborsare laute ricompense facciano venire l’acquolina in bocca a molti: imprenditori avvezzi a trafficare con fatture false, giri strani, fallimenti e nuove società a scatole cinesi. A chi ha sperato di guadagnare dalle olimpiadi costruendo mega hotel (che neppure in riviera potrebbero trovare clientele tali da soddisfare centinaia di posti letto), ed ora non ha gli occhi per piangere fa tanto comodo buttare la croce addosso ai notav e invocare lo stato di crisi sperando nelle compensazioni.
Chiediamo alle donne (e però non solo alle donne), di prendere parola su quello che sta succedendo.
Conosciamo direttamente sulla nostra pelle la violenza, per questo la rifiutiamo, per questo deve fermarsi lo stupro della nostra valle, e deve finire l’autoritarismo militare su un intero territorio.
Fate qualcosa. Ci verrebbe da ribaltare la domanda e dire noi a voi: fate qualcosa.
Aiutateci ad impedire lo stato di polizia permanente in cui ci vogliono far vivere.
Fate qualcosa per denunciare questa campagna di stampa (che non si pone domande, non fa distinzioni, non esamina fatti e cose decisamente incongruenti che pure sono sotto gli occhi di tutti).
Fate qualcosa perché la storia di un movimento popolare come il nostro non venga liquidata manu militari fra le carte di una procura.
Stiamo resistendo perché vogliamo andare avanti, vogliamo vivere in pace nella nostra valle, vogliamo raccogliere i frutti di oltre vent’anni di crescita collettiva su tutte le questioni a noi care: il futuro delle prossime generazioni, le risorse del nostro territorio, intervenendo per risparmiarlo, risanarlo, non per rapinarlo; mettendo a disposizione le nostre capacità come alternativa al consumo dissennato e per un uso responsabile e consapevole delle risorse. Vogliamo riappropriarci del nostro tempo per partecipare alla gestione e alla cura della nostra comunità. Liberarci dal tav.
Donne in Movimento Valle di Susa
(per il gruppo DIM Annamaria, Chiara, Daniela, Doriana, Ermelinda, Patrizia, Paola, Rita ecc ) 21 settembre 2013
Le Donne in Movimento invitano anche a partecipare domenica 6 ottobre alle ore 15.00 al presidio di San Giuliano di Susa dove si terrà un incontro per preparare l’iniziativa di fine novembre: VIOLENZA SULLE DONNE- VIOLENZA SULLA TERRA.

mercoledì 18 settembre 2013

L'incontro con Najet

L’incontro con Najet Tnani, promosso da Libere tutte, che si è svolto martedì 3 settembre presso il Giardino dei ciliegi, ha avuto caratteristiche abbastanza diverse da quello del 4 luglio: più informale, ha consentito alle non molte persone presenti uno scambio molto intenso e decisamente soddisfacente.
Najet ha detto che stavolta voleva fare delle domande a noi, prima di dare risposte e informazioni sulla situazione della rivoluzione tunisina.
(continua a leggere...)

venerdì 13 settembre 2013

Stop agli interventi di chirurgia cosmetica genitale su neonati e bambini!

Siamo un'associazione di donne che opera a  Firenze dalla fine del 2005. Il nostro impegno è diretto soprattutto alla difesa della libertà delle donne,  in particolar modo per quanto riguarda sessualità e riproduzione, alla lotta contro ogni tipo di fondamentalismo, alla lotta contro la violenza maschile sulle donne e contro ogni tipo di violenza. Siamo convinte che interventi come quelli  della chirurgia estetica genitale sui nenonati e bambibi intersex/dsd   siano forme 
di violenza molto pericolose proprio perché agiscono su persone che,  a causa della loro giovane età,  non hanno la possibilità di scegliere. Aderiamo quindi con conviunzione alle  manifestazioni  pacifiche che si svolgeranno dal 19 al 22 Settembre a Milano contro la chirurgia estetica genitale sui neonati e bambini intersex/dsd.
Libere tutte - Firenze

Adesione alle manifestazioni pacifiche che si svolgeranno dal 19 al 22 Settembre a Milano
contro la chirurgia estetica genitale sui neonati e bambini intersex/dsd.
Dal 19 al 22 settembre a Milano si svolgerà il IX Convegno di endocrinologia pediatrica durante il quale verranno trattate anche questioni relative ai neonati, bambine/i e adolescenti intersex o con “differenze nello sviluppo sessuale”. Come denuncia l’associazione Zwischengeschlecht per i diritti umani delle persone intersex, si tratta di un convegno in cui continuano a venire proposte come valide le operazioni di chirurgia estetica sui genitali degli infanti e dei bambini nati con forme di intersessualità.
E questo nonostante che tali operazioni siano ormai da decenni contestate da chi le ha subite, da una parte sempre più grande della classe medica e intellettuale a livello internazionale e, proprio quest’anno, anche dal Consiglio per gli Affari Esteri dell’Unione Europea e dal Rapporto delle Nazioni Unite sulla Tortura in cui, tra l’altro, agli Stati membri viene raccomandato di evitare interventi chirurgici e terapie farmacologiche non necessarie per la salute del bambino, usate invece per “normalizzare” le caratteristiche sessuali primarie e secondarie, con effetti irreversibili e traumatici.
Per la prima volta in Italia si terranno manifestazioni pubbliche di protesta contro queste pratiche di chirurgia estetica genitale non consensuale e contro un convegno che non vede tra i partecipanti né le persone intersex/dsd direttamente interessat* né voci mediche contrarie a tali pratiche.
Come firmatari di questo comunicato, riteniamo urgente che si apra una seria e approfondita riflessione scientifica e pubblica sulle pratiche di medicalizzazione e gestione delle diverse forme intersex/dsd a fronte di una scarsissima informazione sull’argomento in Italia e dell’applicazione, in troppi ospedali, di protocolli che prevedono l’assegnazione chirurgica di sesso precoce secondo teorie che hanno origine nel secolo scorso e di cui è stata ormai ampiamente dimostrata la mancanza di validità e la fallacia medico-scientifica.
Perciò facciamo nostre le proteste pacifiche che si terranno a Milano per tutta la durata del convegno e parteciperemo alla serata informativa di mercoledì 18 settembre, invitando associazioni, gruppi e singoli ad aderire e a partecipare numeros*.
Per adesioni scrivere a info@intersexioni.it o a info@certidiritti.it
Programma delle manifestazioni
Mercoledì 18 alle 19.00 si terrà una serata informativa allo Zam (via Santacroce, 19, Milano).
Queste le date e i luoghi in cui si terranno le proteste pacifiche dal 19 al 22 Settembre
Giovedì 19.09.2013
#1: 08:30-13:00    Milano Congressi, Gate 2
#2: 15:00-18:00    Università (La Statale), Sede centrale
Venerdì 20.09.2013
#3: 07:00-09:00      Milano Congressi, Gate 2
#4: 11:00-13:00      Università Vita e Salute San Raffaele
#5: 15:00-18:00      Politecnico
Sabato 21.09.2013
#6: 07:00-09:00    Milano Congressi, Gate 17
#7: 11:00-15:00      Ospedale San Raffaele
Domenica 22.09.2013
#8: 07:00-13:30       Milano Congressi, Gate 2
http://www.intersexioni.it/stop-agli-interventi-di-chirurgia-cosmetica-genitale-su-neonati-e-bambini/

domenica 1 settembre 2013

Najet Tnani torna al Giardino



Najet Tnani, che abbiamo già incontrato al Giardino dei Ciliegi il 4 luglio scorso, sarà di nuovo a Firenze, sempre al Giardino dei Ciliegi, il 3 settembre alle 17,30. 

giovedì 6 giugno 2013

22 maggio per la 194

Report della tavola rotonda  “Dopo 35 anni ... che fatica applicare la 194” de22/5/2013 alla  Casa del Popolo dell'Isolotto a cura di Libere tutte – Il Giardino dei ciliegi -  Laboratorio per la laicità – Se non ora quando? Firenze

interventi programmati di: Lucia Bagnoli,  Mara Baronti, Daniela Lastri, Marisa Nicchi, Antonio Panti, Monica Sgherri, Milli Virgilio.
Introduzione di Luisa Petrucci
Coordinamento di Anna Picciolini

Luisa Petrucci  mette in evidenza come  oggi, nelle strutture pubbliche, non abbia più senso  l'obiezione di coscienza che è diventata un vero e proprio sabotaggio nei confronti della legge.
L'obiezione di coscienza, che è una scelta individuale,  è diventata obiezione  di struttura.  
Lo Stato, seguendo le direttive del Vaticano, diviene sempre meno laico e sempre più confessionale.
Le statistiche ci dicono che le IVG sono diminuite, ma in effetti si riscontra un notevole aumento delle donne costrette a abortire all'estero a causa delle difficoltà che incontrano in Italia.
Rileva, inoltre, lo scarso utilizzo, nel nostro Paese (in particolar modo dovuta all'opera di dissuasione) della metodica dell'intervento farmacologico.
E, infine, riporta le osservazioni che le associazioni delle donne hanno presentato in relazione al PISSR sull'applicazione della legge 194 che sono divenute poi indicazioni alle consigliere regionali di maggioranza per l'elaborazione della loro mozione (v. in allegato le proposte delle associazioni)

Lucia Bagnoli, ginecologa che fa parte della LAIGA:  ha affermato, che è tempo di non attribuire agli operatori sanitari che applicano la legge (la 194) la qualifica negativa contrassegnata dal NON (non obiettori) ed ha ribadito poi le indicazioni della LAIGA per superare le attuali difficoltà, e cioè:
-        la necessità di introdurre incentivi per gli operatori che applicano la legge, partendo dalla convinzione che "un buon medico - un buon operatore - non obietta", e disincentivi per quelli che invece obiettano;
-        la promozione della metodica dell'aborto farmaceutico, non collegando la somministrazione della RU486 nemmeno all'hospital day - come già fanno in Francia -;
-        la necessità di giungere, sul piano generale, ad una normativa più precisa riguardante l'obiezione di coscienza;
-        l'obbligo per  tutte le strutture accreditate che fanno diagnosi prenatale  di praticare l'IVG.

Mara Baronti richiama il cammino che ha portato all'elaborazione di proposte concrete per contrastare la mancata applicazione della L.194, a partire dall'obiezione di coscienza, diventata in tante strutture e in intere zone del paese strumento di boicottaggio della legge, colpendo al cuore l'autodeterminazione delle donne, di tutte e di ciascuna, nodo nevralgico da salvaguardare della L.194. Sottolinea in particolare:
- l'esigenza che una donna, nel momento in cui sceglie il proprio medico curante, possa sapere, anzi, abbia il diritto di sapere, se questo medico è obiettore o no (meglio, come suggeriva Lucia Bagnoli, se attua o no la L.194) e ricorda in proposito la ricerca fatta per Libere Tutte da Graziella Rumer Mori, offrendo spunti per formulare la proposta volta ad ottenere la predisposizione di elenchi dei medici obiettori e non obiettori e l’accessibilità degli stessi da parte di chi vi ha interesse;
- la necessità di fare passi avanti nella diffusione dell'aborto farmacologico, della RU486, molto difficilmente accessibile anche in Toscana, nonostante il ruolo pionieristico che la Regione ha assunto.

La consigliera regionale Daniela Lastri, firmataria anch'essa della mozione sulla 194 depositata in consiglio regionale ha ribadito:
-        l'importanza del rapporto fra le/i rappresentanti delle istituzioni e le associazioni delle donne
(infatti, è attraverso un percorso basato appunto su questo tipo di relazioni che si è arrivati alla presentazione della mozione sulle difficoltà relative all'applicazione della 194),
-        la necessità di implementare  il lavoro con le/gli adolescenti, che  è stato un po' accantonato e che passa, in gran parte, attraverso il potenziamento dei consultori come luoghi d'informazione, di formazione, di avvio della procedura per l'IVG,
-        l'importanza  della presentazione della  mozione, indispensabile anche per  rompere il silenzio che grava su questi temi.

La deputata Marisa Nicchi, ha illustrato la  mozione presentata dal Gruppo SEL alla Camera dei deputati il 21 maggio, sull'obiezione di coscienza e 194 (v. allegato).
Ha parlato della drammaticità dello stato di applicazione della legge ha ricordato i dati della relazione presentata al Parlamento dal Ministro della salute, da cui risulta che quasi sette medici su dieci sono obiettori di coscienza.
Si è soffermata soprattutto:
-        sulla  necessità di valorizzare e ridare piena centralità ai consultori,
-        sulle  difficoltà esistenti oggi in Italia per la scelta dell'aborto farmacologico (soprattutto a causa dell'obbligo del ricovero ospedaliero nella maggioranza delle regioni italiane),
-        sull'opportunità  di rendere più difficile il raggiungimento dei livelli apicali per i medici obiettori,
-        sulla  necessità di assumere personale non obiettore.

 Antonio Panti, presidente  della Federazione regionale dell'Ordine dei Medici si è soffermato in particolar modo su alcuni punti  sollevati nel dibattito.
-        per quanto riguarda le difficoltà relative all'utilizzo della RU486, sarebbe opportuno, per superarle,  che il Consiglio regionale chiedesse al Consiglio Sanitario regionale un parere su tale metodica e sulle sue concrete applicazioni,
-        in relazione  alla compilazione di elenchi di medici obiettori e non, il problema è il bilanciamento tra privacy e trasparenza. Ma è indubitabile che la persona che sceglie un medico debba conoscere tutte le sue caratteristiche professionali,
-        per quanto riguarda  la possibilità di assunzioni di personale sanitario non obiettore (o, meglio, che applica la legge), va considerato che ciò è sicuramente possibile tramite assunzioni a contratto a tempo determinato, mentre è più difficoltoso attraverso concorsi per posti a tempo indeterminato, che potrebbero incorrere nell'accusa di essere discriminatori.
-        occorrerebbe portare delle situazioni concrete riguardanti queste problematiche al vaglio della Corte di Cassazione e/o della Corte Costituzionale, in modo da porre, attraverso la via giurisdizionale, la questione della tutela effettiva del diritto  della donna all'interruzione di gravidanza (così come  è stato fatto per la PMA), che per questa via è stata di fatto svuotata di contenuto e ne sono stati ridotti i danni,
-        c'è la necessità di inserire nei corsi di formazione delle laureande e dei laureandi il tema della 194

La consigliera regionale Monica Sgherri ha illustrato la mozione presentata  da varie consigliere e consiglieri alcuni giorni fa in Regione (v. allegato).
Ha messo in rilievo il fatto che la mozione è stata elaborata  in seguito ad un rapporto positivo sviluppatosi fra le consigliere regionali di maggioranza e le associazioni Artemisia, Il Giardino dei ciliegi, Intersexioni, Libere Tutte, Rete delle donne “Io difendo la 194”, Se non ora quando
Ha sottolineato alcuni punti della mozione e cioè:
-        l'esigenza di determinare i parametri di personale sanitario per garantire  la piena applicazione della legge 194/78,
-        la necessità di  tutelare la  professionalità del personale non obiettore da non relegare esclusivamente ai servizi di IVG,
-        l'esigenza di potere accedere agli elenchi dei medici obiettori e non obiettori.
           
 Milli Virgilio, avvocata,  esprime il suo compiacimento per l'iniziativa, particolarmente importante in un momento in cui c'è un quasi totale silenzio, a sinistra, sulla 194 e le sue difficoltà di applicazione.
L'unico a porre l'accento sulla necessità di una piena applicazione della 194 è il Movimento per la vita, che rivendica il diritto di  entrare nei Consultori, evidentemente per fare opera di dissuasione sulle donne che chiedono l'IVG.
Da Firenze potrebbe nascere un vero e proprio Laboratorio per la piena attuazione della legge nella direzione del rispetto della volontà e dell'autodeterminazione della donna.
In effetti l'obiezione di coscienza è il punto debole della 194, che inserisce un cuneo in una normativa basata in gran parte sul principio dell'autodeterminazione della donna.
Per contrastare e rovesciare questa situazione bisogna agire su più fronti:

-        raccogliere dati (p.e.: sugli operatori sanitari non obiettori, disaggregati per età),
-        riaprire la discussione ai vari livelli istituzionali, in Parlamento e  nelle Regioni
-        mettere a fuoco le possibilità di intervento per ottenere la pubblicità degli elenchi dei medici obiettori e non obiettori (fare cause pilota come per la legge 40 sulla PMA),

L'attività di base, di laboratori sul territorio, è indispensabile per un'opera di sensibilizzazione e per l'apertura di vertenze di carattere generale.
Altri interventi dal pubblico hanno posto l'accento sulla necessità  di fare formazione  nelle scuole su questi temi
Per concludere, sintetizzando le proposte emerse nel corso dell'incontro, si è rilevato che occorre:
 -        impegnarci a seguire il percorso delle mozioni presentate sia alla Regione che alla Camera, per sostenerle e farne dei punti di riferimento per altre iniziative;
-         verificare  la possibilità di fare cause pilota, da far giungere  agli organi giurisdizionali competenti (in questo caso  il TAR o, come già accaduto per la legge 40, la Corte Costituzionale),
-        aprire delle vere e proprie vertenze per il potenziamento dei Consultori, in modo che agiscano, specialmente nei confronti delle/degli adolescenti, sul piano della prevenzione, dell'informazione dell'educazione sessuale, dell'uso delle pratiche contraccettive;
-        operare per una sempre maggiore diffusione della metodica dell'aborto farmacologico, individuando le modalità che lo possano rendere più agevole.

Tutto questo deve portare alla realizzazione di un vero e proprio laboratorio per la piena applicazione della 194, su cui avere,  un incontro di verifica sul tipo di quello promosso oggi.

Luisa Petrucci, Anna Picciolini, Sergio Tamborrino, Lea Fiorentini



martedì 21 maggio 2013

Sel presenta una Mozione sulla 194 alla Camera



La mozione è stata presentata in data odierna, questo il testo integrale: 

Mozione (1-00045)

   La Camera,

   premesso che:

    nel nostro Paese, in ambito medico sanitario il diritto all'obiezione di coscienza è espressamente codificato e disciplinato per legge riguardo: all'interruzione della gravidanza, laddove l'obiezione è riconosciuta dall'articolo 9 della legge n.194 del 1978; alla sperimentazione animale, dove l'obiezione di coscienza è disciplinata dalla legge n.413 del 1993; alla procreazione medicalmente assistita, dove l'obiezione di coscienza viene prevista e disciplinata dall'articolo 16 della legge n.40 del 2004;
    l'esercizio del diritto all'obiezione di coscienza da parte del personale sanitario in relazione all'interruzione volontaria di gravidanza riveste particolare importanza, per le sue ricadute socio-sanitarie sulle donne, e sulla stessa funzionalità del servizio sanitario nazionale;
    ultima relazione sullo stato di attuazione della legge n.194 del 1978 presentata al Parlamento dal Ministro della salute il 9 ottobre 2012 riporta – tra l'altro – i dati definitivi sull'obiezione di coscienza esercitata da ginecologi, anestesisti e personale non medico nel 2010. I dati che emergono sono molto eloquenti e impongono ancora una volta, e con forza, una seria riflessione sulla garanzia e la qualità del servizio per l'interruzione della gravidanza disciplinata dalla legge n.194 del 1978;
    la relazione dice che in Italia ben il 69,3 per cento dei ginecologi, del servizio pubblico è obiettore di coscienza. In pratica quasi sette medici ginecologi su dieci è obiettore. Se si analizzano i dati su base territoriale, si trova che, ad eccezione della Valle d'Aosta, dove i ginecologi obiettori sono solamente il 16,7 per cento, le percentuali regionali non scendono mai al di sotto del 51,5 per cento. I dati medi aggregati per Nord, Centro, Sud e Isole indicano percentuali di ginecologi obiettori di coscienza pari rispettivamente al 65,4 per cento; 68,7 per cento; 76,9 per cento; 71,3 per cento. Il maggior numero di ginecologi obiettori si trova al Sud, con la punta più alta in Molise, dove si raggiunge l'85 per cento;
    i dati della relazione al Parlamento in realtà non riescono a fotografare lo stato reale della sua applicazione sul territorio nazionale, che risulta ben più grave di quella riferita dal Ministro pro tempore;
    si ricordano, in tal senso, i dati resi noti da LAIGA (Libera associazione italiana dei ginecologi per l'applicazione della legge 194) il 14 giugno 2012, e risultanti da un attento monitoraggio dello stato di attuazione della legge nella regione Lazio dai quali emerge una situazione reale ben più grave di quanto riportato nella relazione del Ministro pro tempore: nel Lazio in 10 strutture pubbliche su 31 (esclusi gli ospedali religiosi che invocano una obiezione «di struttura» e le cliniche accreditate, la maggior parte delle quali ignora semplicemente il problema) non si eseguono interruzioni di gravidanza. Nella medesima regione ha posto obiezione di coscienza il 91,3 per cento dei ginecologi ospedalieri. In 3 province su 5 (Frosinone, Rieti, Viterbo) non è possibile eseguire aborti terapeutici, il che costringe le donne alla triste migrazione verso i pochi centri della capitale, sempre più congestionati, o in altre regioni, o all'estero;
    molte strutture ospedaliere, per garantire l'applicazione della legge, ricorrono a specialisti esterni convenzionati con il sistema sanitario ed assunti esclusivamente per le interruzioni di gravidanza (medici SUMAI), o a medici «a gettone», con un significativo aggravio per il Sistema sanitario nazionale;
    a livello nazionale, la principale conseguenza di un numero così elevato di obiettori di coscienza è quella di rendere sempre più difficoltosa la stessa applicazione della legge n.194 del 1978, con effetti negativi sia per la funzionalità dei vari enti ospedalieri e quindi del sistema sanitario nazionale, sia per le donne che ricorrono all'interruzione volontaria di gravidanza;
    la drammaticità dello stato di applicazione della legge comporta l'allungamento dei tempi di attesa, con maggiori rischi per la salute delle donne e maggiori rischi professionali per i pochi non obiettori, costretti loro malgrado ad una cattiva pratica clinica;
    a fronte di questo stato «di emergenza» le donne devono spesso migrare da una regione all'altra o addirittura all'estero, e, sopratutto tra le immigrate, risulta necessario il ricorso all'aborto clandestino;
    il diritto all'obiezione di coscienza in materia di aborto per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie, è sancito dall'articolo 9 della suddetta legge n.194 del 1978, che allo stesso tempo prevede che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate siano «tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale»;
    la legge n.194 prevede quindi scelte individuali e responsabilità pubbliche. L'obiezione di coscienza è infatti un diritto della persona ma non della struttura;
    al personale sanitario viene garantito di poter sollevare l'obiezione di coscienza. Ma quel che è un diritto del singolo non è diritto della struttura sanitaria nel suo complesso, che ha anzi l'obbligo di garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie;
    i dati suindicati sulle percentuali molto elevate di obiettori, comportano oltre che evidenti ricadute negative sulla stessa effettiva attuazione della legge sull'interruzione volontaria di gravidanza e quindi sulle donne che rivendicano l'inviolabile libera scelta a farne ricorso, anche conseguenze oggettivamente pesanti sui sempre più pochi medici non obiettori, che spesso si ritrovano relegati a occuparsi quasi esclusivamente di interruzioni di gravidanza con il rischio più che concreto di una dequalificazione professionale, e conseguenti effetti penalizzanti sulle loro stesse possibilità di carriera;
    il diritto della donna ad interrompere una gravidanza indesiderata, e quello del personale sanitario a sollevare obiezione di coscienza dovrebbero poter convivere affinché nessun soggetto veda negata la propria libertà. Di fatto, tale ipotesi, trova estrema difficoltà nel realizzarsi per i numeri esorbitanti dei medici obiettori che spesso si rifiutano anche di segnalare alle pazienti un medico non obiettore o un'altra struttura sanitaria autorizzata alla interruzione volontaria di gravidanza;
    dal 2009 l'AIFA ha autorizzato l'immissione in commercio del mifepristone, o Ru486, per l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica, nel rispetto dei precetti normativi previsti dall'articolo 8 della legge n.194 del 1978; tale articolo prevede che l'interruzione volontaria di gravidanza possa essere praticata in ospedali pubblici generali e specializzati, e «case di cura autorizzate e presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati». L'articolo 8 non precisa il regime in cui deve essere praticata l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica (ricovero ordinario, DH, prestazione ambulatoriale). Il Ministro della salute pro tempore, in data 24 novembre 2010, ha chiesto in proposito il parere del Consiglio superiore di sanità; il Consiglio superiore di sanità, nella seduta del 18 marzo, ha individuato il ricovero ordinario come il regime più idoneo per l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica;
    i dati riportati dalla letteratura internazionale, nonché i dati della regione Emilia Romagna che ha adottato il regime di day hospital, non confermano la scelta e le raccomandazioni del Consiglio superiore di sanità; gli stessi dati del Ministero della salute sull'interruzione volontaria di gravidanza medica dicono che dal 2005 al 2011 circa 15mila donne hanno scelto il metodo farmacologico, e che il 76 per cento delle pazienti ha scelto la dimissione volontaria dopo la somministrazione del mifepristone, senza che vi siano state complicazioni maggiori rispetto alle donne che sono state ricoverate fino all'espulsione;
    risulta improrogabile la necessità di valorizzare e ridare piena centralità ai consultori, quale servizio per la rete di sostegno alla sessualità libera e alla procreazione responsabile. Come conferma anche l'ultima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n.194 del 1978, «nel tempo i Consultori familiari non sono stati, nella maggior parte dei casi, potenziati né adeguatamente valorizzati. In diversi casi l'interesse intorno al loro operato è stato scarso ed ha avuto come conseguenza il mancato adeguamento delle risorse, della rete di servizi, degli organici, delle sedi»,

impegna il Governo:

   a garantire il rispetto e la piena applicazione della legge n.194 del 1978 su tutto il territorio nazionale nel pieno riconoscimento della libera scelta e del diritto alla salute delle donne, assumendo tutte le iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, finalizzate all'assunzione di personale non obiettore al fine di garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza;
   ad attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare, come prevede la legge, il reale ed efficiente espletamento da parte di tutti gli enti ospedalieri e delle strutture private accreditate, delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza chirurgica e farmacologica;
   a garantire il pieno rispetto della legge da parte di ogni struttura pubblica o del privato accreditato (sia essa un ospedale o un consultorio), posto che solo a fronte di questo impegno può essere concesso l'accreditamento;
   ad attivarsi perché l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica sia offerta come opzione a tutte le donne, che, entro i limiti di età gestazionale imposti dalla metodica, devono poter scegliere;
   ad attivarsi perché l'interruzione volontaria di gravidanza medica possa essere praticata in regime di day hospital, che non comporta, come evidenziato dalla letteratura scientifica internazionale e dalla stessa relazione del Ministero della salute pro tempore, maggiori rischi per la salute, e che costa meno, considerato che l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica viene da tempo praticata in regime ambulatoriale o di day hospital negli altri Paesi europei e nella stessa regione Emilia Romagna;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza, affinché la gestione organizzativa e del personale delle strutture ospedaliere sia realizzata in modo da evitare che vi siano presìdi con oltre il 30 per cento di obiettori di coscienza, anche attraverso un controllo più stringente sull'attuazione delle previste procedure di mobilità del personale sanitario;
   ad assumere iniziative per prevedere che il requisito della non obiezione sia introdotto per chi deve essere assunto o trasferito in presìdi, fissando la percentuale di personale sanitario non obiettore al fine di garantire la piena applicazione della legge n.194 del 1978;
   ad assumere iniziative finalizzate a prevedere che il requisito della non obiezione sia condizione all'espletamento delle funzioni apicali nelle strutture di ostetricia e ginecologia dei presidi ospedalieri;
   ad assumere iniziative volte a prevedere – anche ai fini di una maggiore trasparenza nel rapporto tra cittadini e medici di base – che i medici di famiglia siano tenuti a comunicare agli ordini provinciali dei medici chirurghi e odontoiatri ai quali sono iscritti, se intendono esercitare il loro diritto all'obiezione di coscienza, facendo si che da dette comunicazioni i suddetti ordini ricavino un apposito elenco pubblico;
   ad assumere iniziative per valorizzare e ridare piena centralità ai consultori familiari, quale servizio fondamentale nell'attivare la rete di sostegno per la sessualità libera e la procreazione responsabile, nonché strutture essenziali per l'attivazione del percorso per l'interruzione volontaria di gravidanza;
   a confermare e diffondere la conoscenza dei diritti in tema di contraccezione di emergenza, anche tramite adeguate azioni informative sull'esclusione del diritto all'obiezione di coscienza per i farmacisti.


(1-00045) «Migliore, Nicchi, Piazzoni, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Duranti, Daniele Farina, Claudio Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».

giovedì 9 maggio 2013

Dalla parte di Cécile Kyenge

Libere Tutte aderisce all'appello di vicinanza e sostegno a Cécile Kyenge promosso su Cronache di ordinario razzismo.

"I continui attacchi alla neo ministra Cécile Kyenge hanno superato la soglia della tollerabilità.
A volte sono esplicitamente e volgarmente razzisti, altre volte il pregiudizio e l’ostilità sono più velati: nell’insieme sta emergendo un’avversione alla sua figura e ai suoi argomenti che ci preoccupa. Cécile Kyenge è una donna, una professionista, un’attivista che può dare da ministra un grande impulso per rendere il nostro paese un luogo più civile e più accogliente di quanto sia oggi.
A Cécile Kyenge vogliamo inviare un messaggio di vicinanza e di sostegno nella sua battaglia presente e futura. Ma vogliamo anche invitare chi opera nei media e nelle istituzioni a riflettere seriamente sulla gravità di quanto sta accadendo in questi giorni."



domenica 14 aprile 2013

Appello contro la chiusura del corso di Studi di genere all'Università della Calabria

Libere Tutte aderisce all'appello contro la decisione dell'Università della Calabria di chiudere il corso di Studi di genere di Laura Corradi.
Dal blog Femminismo a Sud il racconto dei fatti
Qui sempre da FaS l'appello, di seguito il testo


"Il Corso di Studi di Genere dell’Università della Calabria, tenuto a Rende presso il Dipartimento di Sociologia da  Laura Corradi, (ricercatrice docente) non esisterà più perché hanno deciso di chiuderlo.
A dispetto del successo dello scorso decennio, frequentato da centinaia di studentesse, il Corso è stato via via rimpicciolito, nonostante la determinazione delle studentesse a seguirlo e della docente a tenerlo a titolo gratuito. Le studentesse denunciano che è stato piazzato alla stessa ora di altri appuntamenti importanti e obbligatori. Reso difficile da seguire si è ridotto quest’anno a 15 allieve. Tagliare via questo Corso come materia superflua è diventato così molto semplice.
Il Corso è stato una importante palestra di empowerment per tantissime ragazze, giovani femministe dottorande in cerca di audience, ricercatrici migranti, precarie ‘cultrici della materia’, tante persone che infatti non accettano passivamente questa decisione. Tra l’altro il Corso nel contesto calabrese rappresenta una reale opportunità per donne e uomini che vogliono acquisire gli strumenti critici per leggere anche la propria realtà.
Questo Corso di Studi dovrebbe rimanere una opportunità per coloro che lo preferiscono, anzi crediamo che gli studi di genere dovrebbero essere valorizzati,  l’Università potrebbe usarli come corsi base del primo anno, come esempio di sapere teorico e pratico  interdisciplinare, come visione critica necessaria di una cultura che  fissa i ruoli di genere, patologizza le differenze o le inferiorizza, impone etero-normatività.
Chiediamo perciò che si reinserisca il Corso di Studi di Genere, con risorse adeguate, nell’offerta formativa dell’Ateneo."

venerdì 29 marzo 2013

Apericena al Giardino dei ciliegi


giovedì 28 marzo 2013

Manifesto - Legge 194: cosa vogliono le donne



MANIFESTO

LEGGE 194: COSA VOGLIONO LE DONNE

a cura di: Usciamo dal Silenzio, Libera Università delle Donne, Consultori privati laici

IL PREAMBOLO

La legge 194/1978 che disciplina in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) compirà 35 anni il prossimo 22 maggio.

Quasi quattro decenni dopo quel passaggio storico per il nostro Paese, vediamo tradito il suo senso, snaturata la sua applicazione e temiamo per il suo futuro.

Partendo dal punto di vista delle donne e utilizzando le diverse competenze di cui siamo portatrici, abbiamo scritto questo Manifesto rivolto agli attori politici e sociali, al movimento delle donne di cui siamo partecipi e alla società tutta.

Questo manifesto contiene alcune proposte concrete che assicurino alla legge 194/78 un futuro migliore di questo problematico presente.

L’APPELLO

Ci siamo chieste che cosa vogliono le donne che scelgono di interrompere una gravidanza e lo abbiamo sintetizzato in alcune parole chiave: il rispetto della propria scelta, una corretta accoglienza e la sicurezza per la propria salute. Queste parole possono non restare tali, a patto che l’obiezione di coscienza, seppur tutelata, non gravi sull’esperienza concreta di chi sceglie di interrompere una gravidanza.

Nessun ospedale pubblico o privato accreditato può sottrarsi alla applicazione della legge e tutti devono garantirla con proprio personale non obiettore.

La qualità del servizio significa: semplicità di accesso, accuratezza dell’atto medico e adeguatezza della relazione medico-paziente. Tutto ciò non si dà se l’interruzione di gravidanza (chirurgica e farmacologica) continua ad essere vissuta come la “Cenerentola” degli atti medici, un fastidioso problema per le organizzazioni sanitarie e la grande assente nel percorso formativo di medici e personale sanitario.

Occorre insomma restituirle dignità etica e scientifica.

Ed occorre, insieme, ridare ai consultori la centralità che hanno avuto in passato nel percorso di interruzione della gravidanza: accogliere la donna, accompagnarla nella sua scelta, instaurare con lei una relazione sui temi della contraccezione.

Altri paesi europei e, in Italia, alcune regioni virtuose lo fanno già.

Non ci sono alibi, se non la mancanza di volontà politica e il deficit di laicità, perché tutto ciò che proponiamo nel nostro Manifesto non venga garantito ad ogni donna, ovunque viva nel nostro paese.

Per questo chiediamo agli attori politici, a ciascuno di loro secondo le proprie competenze, atti concreti.

LE PROPOSTE

1) L’OBIEZIONE di COSCIENZA

La legge sancisce i confini del diritto all’obiezione di coscienza del personale sanitario. Confini che, nel tempo, sono stati travolti (per motivi di coscienza, ma anche di opportunità e di carriera) disattendendo i principi su cui si era fondata la loro formulazione. Essi vanno ristabiliti.

L’applicazione della legge

a) La legge non prevede un’obiezione di coscienza “di struttura”. Ogni struttura pubblica o del privato accreditato (sia essa un ospedale o un consultorio) dev’essere dunque obbligata ad applicare la legge. Solo a fronte di questo impegno può essere concesso l’accreditamento.

b) Le strutture pubbliche o del privato accreditato con servizi di Diagnosi prenatale devono provvedere, in caso di richiesta della donna, all’interruzione di gravidanza oltre i 90 giorni di gestazione a seguito di una diagnosi di anomalia fetale (aborto terapeutico), assicurando in tal modo la continuità assistenziale raccomandata in tutte le linee guida nazionali (Ministero della salute) e internazionali (OMS).

c) Non è previsto l’esercizio dell’obiezione di coscienza per la prescrizione e la vendita di dispositivi per la contraccezione, compresa la cosiddetta pillola del giorno dopo (che non è un farmaco abortivo).

d) Il medico ha il dovere di informare la paziente della propria scelta di obiezione e deve metterla al corrente dei suoi diritti in base alla legge vigente dandole tutte le informazioni utili (tipologia di intervento, tempi, luoghi, modalità) per accedere ai servizi che garantiscono l’applicazione della legge.

e) Il personale obiettore non è esentato dal prestare assistenza alla paziente prima e dopo l’intervento chirurgico e durante il trattamento farmacologico per l’IVG e per l’aborto terapeutico. In caso questo avvenga, il trasgressore dev’essere deferito al Consiglio di disciplina.

L’organizzazione del servizio

a) All’interno delle divisioni di Ginecologia ed Ostetricia si devono istituire Strutture Semplici dedicate all’IVG. Il personale medico necessario al funzionamento di queste strutture dev’essere assunto con concorsi o procedure appositi.

b) La mobilità del personale non obiettore tra Enti o l’utilizzo di liberi professionisti esterni per garantire la continuità di servizio deve avere carattere transitorio.

c) La contrattazione sindacale aziendale deve ottenere una modalità di organizzazione del lavoro che non penalizzi il personale dedicato al servizio di IVG (ripartizione equa dei carichi di lavoro, salvaguardia dei riposi e delle ferie) e che si avvalga del personale obiettore per quanto riguarda l’assistenza necessaria nella fase precedente e successiva all’intervento

2) Il RUOLO dei CONSULTORI e la CONTRACCEZIONE

a) Si richiede alla Regione Lombardia la modifica della Deliberazione n. 2594 dell’11-12-2000 nella parte che consente ai consultori privati accreditati di non dare consulenza sull’interruzione di gravidanza.

b) I consultori (pubblici, privati accreditati e privati laici) devono assumere un ruolo centrale nel percorso dell’interruzione di gravidanza. Tocca a loro costituire una via preferenziale per predisporre l’accesso all’ospedale di riferimento della donna e garantire un incontro dopo l’intervento per una consulenza sulla contraccezione.

c) Il consultorio deve distribuire materiale informativo tradotto in varie lingue su contraccezione, prevenzione e servizi sociosanitari territoriali, e deve poter contare sulla collaborazione di mediatrici linguistico-culturali.

3) La FORMAZIONE e l’ACCOGLIENZA


a) L’interruzione di gravidanza viene oggi gestita come un “problema” che le strutture sanitarie affrontano affidandosi talvolta a consulenti esterni e gettonisti. Va restituita dignità scientifica ed etica all’atto medico dell’IVG, come questione che attiene alla salute e all’autodeterminazione delle donne. Occorre quindi un intervento formativo, oggi carente o assente, rivolto a futuri medici (facoltà universitarie e scuole di specializzazione) e ad altri professionisti sanitari, che preveda anche un aggiornamento sulletecniche (incluso l’aborto farmacologico) e sulla sicurezza dell’intervento

b) Occorre disporre negli ospedali di spazi separati per l’accoglienza e la degenza delle donne che effettuano le interruzioni di gravidanza.

4) L’ I.V.G. FARMACOLOGICA

La letteratura scientifica conferma che l’aborto farmacologico non richiede il ricovero ospedaliero di tre giorni. Si chiede dunque che possa essere praticato anche in regime di day hospital, come avviene in altri paesi europei e nella Regione Emilia Romagna.

5) La COMMISSIONE d’INCHIESTA sull’APPLICAZIONE della LEGGE

Da indagini informali risulta che i dati ufficiali forniti dalla relazione annuale del Ministero della Salute sulla legge 194 non riescono a fotografare lo stato reale della sua applicazione sul territorio. Chiediamo che venga costituita una commissione di inchiesta che verifichi i dati ufficiali sulle percentuali di obiezione (molti sanitari che non hanno ufficializzato l’obiezione non sono di fatto disponibili a fare IVG) e ne rilevi altri di grande interesse anche per valutazioni sul futuro della legge sul medio e lungo periodo (l'età dei non obiettori, la diffusione e le modalità dell'aborto farmacologico).

6) La VIA GIURIDICA NAZIONALE e SOVRANAZIONALE alla GARANZIA del SERVIZIO

a) Promozione di giudizi incentrati sulla violazione del diritto alla vita e alla salute della donna laddove l’esercizio dell’obiezione di coscienza non è bilanciato da atti che garantiscano il servizio di interruzione di gravidanza come previsto dalla legge 194.

b) Promozione di giudizi relativi al carico di lavoro che ricade sul personale sanitario non obiettore quando esso compromette l’esercizio degli altri diritti di cui il personale è titolare in forza del rapporto e/o degli incarichi di lavoro.

c) Proposizione di reclami collettivi al Comitato Europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, che riguardino i profili di contrasto rispetto alla Carta Sociale Europea in relazione alla tutela del diritto alla vita, alla salute e alla autodeterminazione della donna, nonché alla tutela dei diritti lavorativi del personale sanitario e medico non obiettore di coscienza.

Milano, marzo 2013

lunedì 11 marzo 2013

Incontro con Sonia Mitralia