martedì 2 agosto 2011
A Siena le donne dopo il 13 febbraio _ di Luisa Petrucci
Nata come una riunione fra i Comitati locali di "Se non ora quando?" (attualmente più di 200 diffusi in tutto il Paese), l'iniziativa si è trasformata a poco a poco in una grande assemblea, in cui sono confluite le rappresentanti dei Comitati, ma anche le esponenti di numerose associazioni, pure quelle che, come l'UDI, non avevano aderito alla manifestazione del 13 febbraio, e numerose donne singole.
Dagli interventi che si sono susseguiti durante le due giornate, tutti rigidamente di 3 minuti (fossero di parlamentari, giornaliste, o donne impegnate in piccole realtà di base) è emersa:
- una notevole ricchezza e varietà di esperienze,
- una grande voglia di incidere sulla politica e sulle istituzioni,
- la volontà di mettere in rapporto le donne impegnate da molto tempo nei movimenti e quelle di più recente impegno (presenti all'incontro molte cinquantenni e quarantenni, un po' meno le giovani e giovanissime).
Si parte dalla convinzione comune che la manifestazione del 13 febbraio ha dato una scossa al Paese - lo dimostrano i risultati delle elezioni amministrative e dei referendum - e dal riconoscimento che tutto questo è stato possibile grazie al lavoro politico capillare e costante delle donne nelle associazioni, nei partiti, nei sindacati portato avanti negli anni.
Si potrebbe sintetizzare tutto questo con il nome di un'associazione intervenuta il primo giorno: “Zitte mai”.
Del movimento, ovviamente, non fanno parte i partiti, ma le donne impegnate nei partiti sì: anzi, viene proposto di chiedere loro di aprire una vertenza all'interno delle rispettive formazioni politiche.
I temi al centro del dibattito sono stati essenzialmente quattro, collegati strettamente tra loro:
il lavoro, e quindi la disoccupazione ed il precariato che colpiscono le donne in misura maggiore degli uomini (solo il 45% delle donne ha un lavoro retribuito - è la percentuale più bassa d'Europa -; le donne occupano solo il 7% dei livelli dirigenziali e, a parità di lavoro, guadagnano in media il 20% in meno degli uomini, anche nel lavoro precario; inoltre, venendo meno un sistema di welfare, il carico di lavoro di cura si riversa tutto sulle loro spalle);
la maternità, affrontata essenzialmente come diritto negato (ogni anno 800.000 donne perdono il lavoro perché diventano madri; un grosso limite è che non si è parlato dell'autodeterminazione, delle difficoltà che devono affrontare soprattutto le ragazze e le immigrate, giovani e meno giovani, quando hanno bisogno di abortire, e della profonda solitudine in cui si vengono a trovare);
la mercificazione del corpo delle donne ed il nesso tra sesso politica e potere;
la rappresentanza delle donne nella politica
Pina Nuzzo, dell'UDI, ha chiesto espressamente alle parlamentari che si impegnino perché venga discussa in Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare “Norme di democrazia paritaria nelle assemblee elettive”, su cui sono state raccolte nel 2007 ben 120.000 firme (e che rientrava nella campagna “50 & 50 ovunque si decida”!.
Riporto gli obiettivi concreti emersi da molti interventi, anche da quelli, in fase conclusiva di Di Salvo e Sapegno:
1. l'istituzione di un assegno di maternità per tutte le donne, occupate e disoccupate;
2. il porre fine al ricatto della lettera da firmare al momento dell'assunzione (le dimissioni in bianco);
3. la rivendicazione del congedo di paternità obbligatorio (importante come segnale che i figli non sono solo delle madri e come risposta ad un desiderio che sta emergendo in molti giovani padri);
4. il deciso contrasto all'innalzamento dell'età pensionabile per le donne a 65 anni,
5. la lotta contro l'attuale manovra del Governo (la più misogina che ci sia mai stata, a detta della Camusso), che comporta un ulteriore abbattimento dei servizi sociali,
6. l'introduzione dello strumento del bilancio di genere nella pubbliche amministrazioni.
7. l'obiettivo del 50 e 50, cioè la presenza delle donne al 50% ovunque si decide, non aumentando il numero dei posti (con dei posti aggiuntivi fatti apposta per le donne, ma con le donne al posto degli uomini).
Il carattere dell'assemblea è stato di grande apertura, ma non sono stati fatti sconti a nessuno: le rappresentanti politiche hanno avuto qualche fischio un po' tutte (anche Rosy Bindi quando ha detto “chiederò al mio partito di venire qui”). L'atteggiamento nei confronti della politica istituzionale si potrebbe sintetizzare con le parole di una neoeletta al consiglio di Napoli, che si è avvicinata da poco alla politica e che chiede alle politiche "professionali" "di stare accanto a noi e di non camminare sopra di noi".
La proposta scaturita da Siena è “un patto fra donne” che sul piano organizzativo prevede la costruzione di una rete nazionale, stabile, autonoma, inclusiva, con nodi territoriali, aperta a tutte coloro che decidono di starci (comitati, associazioni, donne singole), in cui si realizzi una piena circolarità delle informazioni e un continuo rapporto intergenerazionale (e dove ci si riconosca reciprocamente autorevolezza).
Anche se la valutazione complessiva resta positiva, più che altro per il processo che è stato messo in moto, occorre rilevare come la volontà unitaria alla base di "Se non ora quando?" possa essere declinata in modi diversi: perseguendo l'unità tutti i costi e quindi mettendo da parte alcuni temi su cui ci possono essere contrasti (vedi i consultori e la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza), oppure sviluppando una ricerca unitaria, che si basa sul confronto, anche conflittuale, sulle questioni su cui vi sono divergenze.
In proposito Lidia Menapace, nel suo intervento, ha rilevato proprio come la Costituzione, nata dalla Resistenza, tracci le linee, ed i limiti, della ricerca unitaria e della trasversalità.
Penso che il compito che abbiamo di fronte si possa assolvere solo trovando il modo di lavorare insieme (donne impegnate nel comitato SNOQ, nelle associazioni, nei partiti, nei sindacati, donne che si avvicinano per la prima volta all'impegno politico, come è accaduto a Siena), per costruire una "narrazione collettiva" che non cancelli quello che c'è stato prima e crei una continuità tra passato e presente. Continuità tra passato e presente vuol dire continuità dei contenuti e degli obiettivi. Molte donne si sono battute in passato per affermare l'autodeterminazione e la libertà di decidere sul proprio corpo, per conquistare diritti che, nei fatti, oggi vengono sempre più messi in discussione (vedi i continui attacchi alla legge 194 ed ai consultori, la legge 40, la mancanza di laicità da parte dello Stato, che si sottomette sempre di più ai voleri del Vaticano, ecc.).
Un'azione comune può nascere solo dal confronto e da un ascolto reciproco, senza ignorare le questioni su cui ci sono posizioni diverse. Ad esempio, la maternità va sì tutelata come diritto, spesso negato nel mondo del lavoro, ma deve essere considerata anche come il frutto di una libera scelta - e non di un destino a cui tutte le donne sono sottoposte -.
Si tratta, quindi, di un percorso arduo, ma, secondo me, vale comunque la pena di impegnarci per vincere questa difficile scommessa.
Luisa Petrucci
Siena 9-10 luglio: e' già politica? di Anna Picciolini
Tante, quante? Duemila e forse di più, comunque certamente più delle previsioni. In realtà le previsioni sono cresciute via via, costringendo a cambiare due volte la sede dell’incontro. Da un museo ex ospedale (Santa Maria della scala) a una piazza storica (quella del duomo) a una piazza –prato su cui si affaccia un vecchio edificio scolastico in cotto, come tanti edifici di Siena. Chi ha lavorato all’organizzazione di quest’incontro si merita tutta la gratitudine che è stata espressa negli interventi. Chi l’ha promosso può essere soddisfatta. Chi ci ha partecipato, anche chi ne ha seguito la genesi con qualche perplessità e lo dichiara, ne esce rafforzata.
Arrivo, mentre mi oriento per l’accredito e altre sciocchezze, incontro volti noti. Non solo compagne, anche amiche “normali”, quelle che vanno alle manifestazioni, ma solo a quelle grandi, quelle che c’erano il 13 febbraio. Come allora, mi dicono “finalmente, si ricomincia!” e io penso e non dico “ma tu dov’eri in questi anni, perché solo ora?”
Giornalisti e giornaliste presenti intervistano Rosi Bindi, Livia Turco arriva e suscita applausi.
Incontro alcune, poche, di quelle che hanno “tenuto” in tutti questi anni: le compagne di Roma e di altre città conosciute in decenni di femminismo. Non ci sono le cosidette “storiche”, con l’eccezione di Raffaella Lamberti, che mi racconta di essere stata fra le promotrici del comitato SNOQ di Bologna, esempio raro per quello che ne so. Altre da questo percorso hanno preso le distanze, anche con durezza. Lea Melandri ha affidato alla carta una riflessione che mi sembra incoraggiante.
L’età media però è alta. Non ci sono le molto giovani (e giustamente le trentenni rifiutano di giocare quel ruolo e si dichiarano adulte). Ma prima di dare a questa assenza un significato politico, penso alla collocazione marginale di Siena nei percorsi ferroviari e autostradali, alla data, al costo della trasferta, nonostante l’attivazione di una ospitalità militante insolita, credo, in una città come questa.
Si parte con la proiezione del video del 13 febbraio, e mi colpisce la varietà dei modi di partecipazione della platea: chi batte le mani al ritmo della colonna sonora, chi risponde “ADESSO” alla domanda che dal palco di piazza del Popolo in inverno arriva qui al prato di S. Agostino in estate, chi fa il grido delle manifestazioni degli anni ’70.
Comincia così una due giorni di dibattito serrato, per ore, con 55 interventi rigorosamente di tre minuti, 30 di comitati SNOQ nati in questi mesi, 10 di associazioni, 15 di donne singole. Altri 30 interventi sono stati affidati al cosiddetto punto G, dove era possibile registrarsi con la webcam o lasciare contributi scritti.
Credo che mi sia capitata raramente una situazione in cui sia stata così evidente la distanza fra la partenza e le conclusioni. Le relazioni introduttive avevano in comune l’atteggiamento di annunciare una novità, una nascita, come se non ci fosse stato prima nulla o quasi, come se fra il femminismo degli anni ’70 e l’oggi ci fosse stato il vuoto.
Questo limite era già presente negli appelli con cui era stato convocato il 13 febbraio e l’8 marzo, e, prima ancora, nel documento che aveva dato vita all’associazione DiNuovo.
Nelle relazioni conclusive, quella che ha dato conto della ricchezza delle proposte di contenuto e quella che ha avanzato una proposta organizzativa, compare invece l’affermazione, presente in molti interventi, che il movimento di donne che qui si è ritrovato si basa sul riconoscimento reciproco fra le donne che non hanno mai taciuto e quelle che adesso hanno preso parola.
Movimento di donne. Non a caso uso questo termine, invece di movimento delle donne. Il richiamo all’unità delle donne italiane mi è sembrato sincero, ma poco convincente. Anche perché si è spesso detto che l’aggregazione dovrebbe nascere sui “temi”, che non vuol dire molto. Altre invece hanno affermato che l’unità si costruisce su obiettivi e strategie, che è cosa diversa, e più complessa, forse impossibile, forse nemmeno auspicabile.
Un esempio. Fra i temi ricorrenti la maternità, affermata come diritto. La mia generazione ha combattuto la maternità come destino. Ma fra la maternità come destino e quella come diritto, mi sembra scomparsa la maternità come scelta, scelta di essere o non essere madre, quella che con una parola abbiamo chiamato autodeterminazione. Siamo sicure che sia possibile un’alleanza trasversale in difesa delle legge 194 (mai nominata)? C’è chi ha nominato l’attacco ai consultori, dove leggi regionali (Lazio e Piemonte) cercano di introdurre i volontari del movimento della vita. Una ha nominato anche la RU486, ma nelle conclusioni la maternità di cui si parla è rimasta quella resa difficile dal lavoro, causa di licenziamento illegittimo, lasciata tutta sulle spalle delle donne, non riconosciuta come diritto, appunto.
Assente dal linguaggio, per lo più, la parola conflitto. Ma il conflitto fra donne e uomini, e quello, non meno importante, fra donne, ci sono, e non si superano con la rimozione, ma vanno gestiti in modo non distruttivo.
Anche il rapporto con la politica sembra oscillare fra una sorta di approccio sindacale, (presentazione di richieste alla politica, imposizione di un’agenda politica delle donne) e l’affermazione che questo incontro “è già politica” e che bisogna avere il coraggio di dire che per avere più donne nei luoghi decisionali bisogna scacciare degli uomini. Larga la condivisione della proposta del 50 e 50, che qualche anno fa sembrò una campagna solitaria dell’Udi.
Interessante la proposta organizzativa: una rete i cui nodi sono i comitati locali, ma con la quale possono costruire relazioni anche associazioni, che condividono obiettivi e strategie. Il comitato nazionale SNOQ sta in questa rete come un nodo funzionale.
Non è la prima volta che dopo una manifestazione ben riuscita si cerca di mantenere un collegamento nazionale perché l’energia manifestata non si disperda. Di solito non si è andati oltre un certo numero di incontri, con una partecipazione via via più ridotta.
Che cosa ci può essere di nuovo questa volta? Non basta dire che di questo c’è bisogno: l’esistenza di una domanda non garantisce l’esistenza di una risposta. Forse uno degli elementi di forza è la compresenza delle diversità, generazionali in primo luogo. Se queste diversità sapranno trovare un linguaggio comune, se la struttura organizzativa saprà sperimentare forme di partecipazione e processi decisionali inclusivi, se ci sarà il massimo di scambio circolare e di riconoscimento reciproco di competenze e di autorevolezza, la scommessa lanciata a Siena avrà qualche probabilità di essere vinta.
Anna Picciolini
L'intervento di Marisa Nicchi all'assemblea di "Se non ora quando" a Siena
Chi non riesce nemmeno a immaginare quanta forza innovatrice ci sia nella vita delle donne italiane, nelle nostre vite, è immerso in un autismo politico. E questo incontro dimostra una realtà cristallina nella società, ma opaca nei palazzi del potere: l’Italia è in crisi perché non ha dato risposta alla libertà delle donne, libertà che ha cambiato tutto: vite, lavoro, relazioni, saperi.
Una delle frasi simbolo di questo “spreco di spirito” è racchiusa in una frase “Signorina, mi firmi questa lettera, poi se ne riparlerà…se e quando ci sarà una gravidanza”. Patetica inadeguatezza sì, perché, oggi, le donne amano lavorare anche soffrendone: per cercarlo, con tanta difficoltà; per sopportarne la precarietà dilagante e i modi tutti maschili in cui è costruito il lavoro; per trovare, con ingegno, le mediazioni con la vita.
Libertà e sofferenza sono il doppio registro da tenere sempre a mente, perché la vita delle donne non si lascia ridurre in alternative secche.
Le ragazze, oltre che su carriere, ritmi, retribuzioni irraggiungibili, si preoccupano di di non vivere unicamente di lavoro, a partire e non solo, dalla possibilità di essere madri senza perdero.
Conflitti nuovi, su cui grava un’organizzazione del lavoro illiberale. E’ questo il contesto in cui si ricorre al ricatto di far firmare una lettera di dimissioni in bianco al momento dell’assunzione, lettera poi chiusa nel cassetto del “capo” insieme alla libertà della lavoratrice.
E’ una forma aggiuntiva di precariato che intrappola la vita di tante giovani, e che può incombere anche su quelle meno giovani.
La legge 188/2007, a cui, in quanto prima firmataria sono molto legata insieme a Titti di Salvo relatrice in aula, preveniva il ricatto della lettera in bianco. Ma, voi sapete, il governo l’ha abolita.
E’ stata la scelta inaugurale di questo governo, atto simbolico contro l’autonomia delle donne. Un fatto sprezzante, tra i tanti che si sono succeduti come l’obbligo di innalzare l’età della pensione anziché di trovare i modi per farla maturare alle giovani, o come, la spudorata intenzione dei dirigenti dell’azienda di Inzago di licenziare solo donne. “Così, dicono, possono stare a casa a curare i bambini”.
Guadagnare è la base dell’indipendenza e non è un secondo e meno importante stipendio di una famiglia. E non si può dimenticare che tra i nuovi compiti di una madre c’è anche quello del sostentamento economico dei figli.
Da qui deve arrivare la nostra solidarietà a quelle lavoratrici di Inzago per vincere la loro trattativa.
E, anche, da qui possiamo immaginare un percorso il più largo e ricco possibile, oltre noi, per promuovere una legge di iniziativa popolare. Un passo concreto, unitario. Insieme l’abbiamo ottenuta in Parlamento nonostante l’aggressione politica di Sacconi, insieme possiamo riaffermare il suo valore pratico e simbolico. Si tratta, non solo, di riprenderci questa legge, ma di riaffermare pienamente l’esistenza del corpo femminile nei luoghi di lavoro.
Oggi, infatti, per le donne il lavoro non è solo da conquistare, ma da rendere più simile a se stesse, questa scoperta la dobbiamo al femminismo.
E’ un lavoro per smascherare quegli ingranaggi impersonali che sottomettono la vita alla logica economica di mercato, logica che i referendum hanno bocciato.
Chi ostacola la volontà delle donne ha la vista molto corta, crede di comandare perché si tiene stretti potere e denaro, ma sono solo gusci vuoti. Possiamo essere certe che, malgrado gli ostacoli enormi, la voglia delle donne di realizzarsi è insopprimibile, e questo renderà la vita più bella a tutti.
Marisa Nicchi, Siena 9/10 luglio 2011
giovedì 21 luglio 2011
Tunisia : attraverso il Mediterraneo il vento del cambiamento soffia verso di noi
In seguito ai contatti che abbiamo stabilito con un gruppo di donne tunisine impegnate nel Front des femmes, nell’Associatione des Femmes Democrates, presenti altresì nella Comission égalité del Movimento per il Rinnovamento - Ettajdid - abbiamo ricevuto la “Charte” con la quale la Commission égalité, in previsione delle elezioni per l’Assemblea Costituente ha lanciato un appello per la costituzione di un largo fronte democratico e progressista delle donne tunisine.
La data di tali elezioni è stata rinviata dal Governo provvisorio da quella originaria del 24 luglio (riportata nell’appello) al 23 ottobre prossimo.
La “Charte” - Carta per l’uguaglianza e la parità a favore delle donne - che pubblichiamo, è documento di grande contenuto che non richiede commento di sorta, tanto appare precisa e pregnante in ciascuna delle rivendicazioni che enuncia.
Semmai è importante ricordare che l’ “Alta Istanza per la realizzazione degli obiettivi della rivoluzione, della riforma politica e della transizione democratica” l’11 aprile scorso ha approvato, a grande maggioranza, un emendamento che inserisce nel progetto di legge sulle elezioni dell’Assemblea Costituente il principio della parità uomo-donna, rendendolo obbligatorio per tutte le liste che si presenteranno per le elezioni a detta Assemblea. L’11 aprile, definita data storica per la parità, rappresenta per le donne tunisine e per la democrazia del loro paese una pietra miliare della quale si parla con giustificato orgoglio.
Che quel vento contribuisca a sospingere anche noi !
Affinchè la parità diventi una realtà le donne devono mobilitarsi massicciamente in previsione del 24 luglio.
La Commissione Uguaglianza lancia un appello per la costituzione di un LARGO FRONTE DEMOCRATICO e PROGRESSISTA DELLE DONNE TUNISINE;
in questa prospettiva vi sottoponiamo questo progetto di Carta.
Carta per l’uguaglianza e la parità a favore delle donne
Preambolo
Tunisine e Tunisini hanno partecipato fianco a fianco alla rivoluzione per la libertà e la dignità che ha posto fine ad un regime politico dittatoriale.
Oggi noi ci prepariamo, tutte e tutti, all’avvento di un regime democratico e di una società moderna, in cui la giustizia e l’uguaglianza siano garantite senza discriminazioni per tutto il popolo tunisino.
Ora, malgrado le acquisizioni del Codice dello statuto personale e della legislazione tunisina, le donne tunisine non beneficiano ancora della piena uguaglianza dei diritti che farà di loro delle cittadine a pieno titolo.
Questa disuguaglianza dei diritti è dovuta al divario esistente tra la legge e la sua applicazione che trae origine nella persistenza di mentalità retrograde. E’ quindi necessario sviluppare e rafforzare i diritti delle donne in direzione di una uguaglianza totale, ma anche lottare contro tutte le discriminazioni nei loro confronti: la democrazia non si costruirà su diritti diseguali per più della metà della popolazione tunisina:
E’ per questo che noi lanciamo questo appello
- a tutte le donne perché si mobilitino per la difesa dei propri diritti e la loro realizzazione costituzionale, giuridica ed istituzionale.
- ai partiti politici perché pongano all’interno delle loro strutture e nei loro programmi l’uguaglianza e la parità a favore delle donne come componenti indissociabili dei diritti democratici di tutto il popolo.
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I diritti delle donne sono :
UMANI E CIVILI
- i diritti universali alla libertà di espressione, di opinione, di creazione (nella famiglia, nel lavoro, nella società, nei media)
- il diritto inalienabile di disporre liberamente del proprio corpo (scelta del coniuge, contraccezione, aborto…)
- il diritto al rispetto e alla dignità (contro le violenze fisiche, psicologiche e morali subite in famiglia, nel lavoro, nella società, nei media)
POLITICI
- il diritto di votare, di essere eleggibili ed elette alla stessa stregua degli uomini in tutti i ruoli della vita politica, economica, sindacale e professionale
- il diritto alla partecipazione, al potere decisionale, nella vita politica, sindacale e professionale
ECONOMICI
- il diritto al lavoro in tutti i settori (contro il lavoro precario e flessibile delle donne, il lavoro part-time, lo sfruttamento nelle imprese di subappalto, la penalizzazione delle donne nel mercato del lavoro a causa della loro condizione)
- il diritto all’accesso ai posti di responsabilità senza discriminazione sessista in relazione alla maternità (istituzione del congedo parentale)
- il diritto ad una retribuzione uguale a quella degli uomini, a parità di competenze e responsabilità
- il diritto di beneficiare di buone condizioni di lavoro (sviluppo del carico pubblico della cura dell’infanzia mediante la moltiplicazione dei nidi e dei giardini d’infanzia, regolamentazione degli orari delle scuole elementari, equa ripartizione del lavoro domestico e dei compiti educativi nella coppia e nella famiglia…)
- il diritto alla proprietà, alla comproprietà ed all’uguaglianza in campo successorio
SOCIALI E CULTURALI
- il diritto ad una scolarizzazione egualitaria e moderna in una scuola repubblicana mista
- il diritto a cura mediche di qualità ed alla salute riproduttiva che comprende la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili
- il diritto alla casa ed alla sicurezza sociale
- il diritto all’uguaglianza ed al rispetto in seno alla famiglia (sostituzione dell’autorità genitoriale all’autorità paterna, lotta contro le violenze familiari e coniugali ed allo sfruttamento delle ragazze e delle donne)
- il diritto a beneficiare di un’immagine sociale e culturale che non svalorizzi, né renda inferiori le donne
Questi diritti devono concretizzarsi in una Costituzione che proclami la totale uguaglianza tra le donne e gli uomini, una legislazione che consacri questa uguaglianza in modo chiaro e preveda sanzioni in caso di inosservanza, l’adesione piena e totale del nostro paese a tutte le Convenzioni internazionali a favore dei diritti umani ed in particolare la rimozione della riserva sulla Convenzione per l’eliminazione di tutte le discriminazioni riguardo alle donne (CEDAW).
mercoledì 29 giugno 2011
Per la liberazione di Nasrin Sotoudeh
Esprimiamo la più profonda preoccupazione per l'avvocata Nasrin Sodouteh, che, per essersi esposta come attivista nella difesa dei diritti umani, in particolare delle donne, è stata arrestata dalle autorità iraniane il 4 settembre 2010.
E' rinchiusa in carcere in seguito alla sua coraggiosa attività, accusata di fare propaganda contro il regime e di attentare alla sicurezza nazionale.
Per questo è stata condannata, il 9 gennaio scorso, a 11 anni di carcere, oltre al divieto di esercitare la professione legale e di lasciare l'Iran per 20 anni.
Madre di due bambini di dieci e tre anni, ha potuto vederli soltanto due volte in questi mesi, da dietro uno schermo di vetro.
E' ancora segregata in una cella di isolamento, nonostante che per il codice penale iraniano sia illegale tenere i detenuti in cella d'isolamento dopo che sono stati formulati i capi di imputazione e dopo l'inizio del processo.
In questo periodo si sono susseguiti appelli di persone famose come Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace, interventi di istituzioni, raccolte di migliaia di firme.
Le è stato conferito il premio Giglio d'oro 2010 dal Comune di Firenze e assegnato, nel 2011, il premio PEN da parte dell'associazione degli scrittori americani.
Nasrin Sotoudeh ha fatto per tre volte lo sciopero della fame e della sete, con gravi conseguenze per la sua salute. Ma le autorità iraniane continuano a tenerla reclusa, ignorando le campagne a suo favore e le sue richieste, muovendo anzi nuove accuse contro di lei (ad esempio, quella di non avere rispettato la norma che impone alle donne di portare il velo).
E' necessario quindi sviluppare ulteriormente le iniziative per la sua liberazione perché non è tollerabile che una persona sia condannata e detenuta, contravvenendo ad ogni norma internazionale, unicamente per aver svolto la sua professione di avvocata a tutela di chi ne aveva bisogno.
Dobbiamo moltiplicare gli sforzi per la liberazione di Nasrin Sotoudeh.
Facciamo pressione in tutte le forme possibili: con prese di posizione delle assemblee elettive, dei governi, con interventi delle organizzazioni internazionali, con lettere di protesta al governo iraniano, con sit-in davanti alle ambasciate iraniane.
Nasrin Sotoudeh deve essere rilasciata immediatamente, senza condizioni, come devono essere rilasciate/i tutte/i coloro che in Iran ed in altri Paesi sono detenute/i perché lottano per la difesa dei diritti umani.
Libere Tutte, Il Giardino dei ciliegi, Associazione Artemisia, Il Melograno
per aderire <<liberatenasrin@gmail.com>>
Firenze, 17 giugno 20110
giovedì 12 maggio 2011
Solidarietà a Lorella Zanardo

La rete delle donne di Firenze “Libere Tutte” è da tempo impegnata nella diffusione sul territorio del lavoro di Lorella Zanardo, che non ha mai usato toni offensivi nei confronti di autori e interpreti televisivi, al contrario di quanto stanno facendo nei suoi confronti Striscia e il suo Ufficio stampa.
“Libere Tutte” esprime la massima solidarietà nei confronti di Lorella Zanardo per i metodi sempre più intimidatori usati dallo staff di Striscia la notizia per fermare la sua azione di messa in discussione del potere mediatico di una trasmissione che finora ha dato una rappresentazione palesemente riduttiva del genere femminile, ed esprime solidarietà a tutte le altre giornaliste quotidianamente attaccate perché impegnate nella stessa causa.
giovedì 10 marzo 2011
Sessismo nei libri di testo

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venerdì 4 marzo 2011
8 marzo - il corteo
Un corteo vivace e colorato partirà da largo Annigoni alle ore 17 e 30 di martedì 8 marzo e, dopo aver percorso il centro della città, terminerà alle ore 20 alla loggia di piazza dei Ciompi con musica e letture.
Successivamente, presso il Giardino dei ciliegi (via dell'Agnolo, 5), verrà inaugurata una Mostra delle artiste dell'associazione Il Melograno "Dallo stereotipo alla donna reale-l'arte delle donne in mostra". alle ore 21 seguirà la performance de "Le immagini di vetro project", e, a seguire, Dj Meatball.
QUESTO IL PERCORSO PREVISTO PER IL CORTEO:
- ore 17,30 ritrovo in Largo Annigoni
- ore 17,30 – 17,45 partenza del corteo per Via della Mattonaia, B.go La Croce, Via Pietrapiana, P.zza dei Ciompi , Via Pietrapiana, P.zza Salvemini, B.go Albizi, Via del Corso, Via Calzaioli, P.zza Signoria, Via Vacchereccia, Via Calimala, P.zza della Repubblica, Via Roma, P.zza Duomo, Via dell'Oriolo, Arco S. Pierino, P.zza Salvemini, Via Pietrapiana, P.zza dei Ciompi, - Il corteo si fermerà sotto le Logge del Pesce dove ci saranno letture e musiche.
- Conclusione prevista entro le ore 20
Libere tutte, Coordinamento donne Cgil, Il Giardino dei ciliegi, Artemisia, Il melograno, ARCI, Cacerolazos, Libertà e Giustizia, ANPI, donne in rete per la rivoluzione gentile, corrente alternata, donne PD, Donne SEL, donne Federazione della Sinistra, donne IDV, donne dei Verdi, Unaltracittà,
8 marzo 2011
8 marzo 2011
Oggi più che mai c'è bisogno della ricchezza che i movimenti di donne possono offrire.
Noi donne ci siamo con la nostra cultura di liberazione, di democrazia, di affermazione dei diritti individuali.
E in questo momento diciamo:
GIU' LA MASCHERA
Noi non siamo come ci raccontano!
Non è da oggi che la pubblicità e i media italiani ci dipingono come manichini muti, prive di intelligenza e personalità, incapaci di formulare un nostro pensiero, disposte a farci spogliare e manipolare, bambole al servizio degli appetiti maschili, frivoli oggettini di intrattenimento o procaci seduttrici.
Le donne, tante, tantissime, che hanno manifestato domenica 13 febbraio, sono la conferma di quanto stiamo affermando.
Non siamo come ci raccontano perché nel Paese vero le donne che lavorano in casa e fuori casa, che studiano, che lottano, si sono mostrate in 320 piazze italiane rivendicando la liberazione dal giogo di un’immagine distorta, proposta dalla condotta di un capo di governo che induce vergogna in Italia ed all’estero.
E’ stata una presenza che deve segnare un punto di svolta, l’inizio di un processo che veda noi donne trovare voce comune, al di là di ogni appartenenza e condizione, per rimuovere tutti i condizionamenti che giocano un ruolo pesantemente negativo riguardo alla nostra immagine, alle scelte della nostra vita - personale e lavorativa - ed alla nostra incolumità dalla violenza maschile in tutte le sue espressioni.
Infatti in nome di una falsa emancipazione le donne sono usate da molto tempo come oggetti sessuali in televisione, nelle riviste, sui cartelloni pubblicitari. La mercificazione del corpo femminile fa parte di una normalità troppo spesso proposta come modello di realizzazione individuale.
Gli eventi degli ultimi due anni non fanno che rafforzare questo giudizio: il governo stesso è guidato da chi esprime in sommo grado una “cultura” che vuole impostare i rapporti fra i generi in base alla subalternità femminile rispetto al potere maschile.
Dall’altra parte la visione più reazionaria di stampo cattolico imposta dalle politiche governative con sempre maggiore aggressività, ripropone come unico stile di vita ammissibile la famiglia tradizionale, esaltando il ruolo della donna all’interno di essa come moglie e madre votata al sacrificio. E il sistema di welfare del paese rimane basato sul lavoro non retribuito delle donne che curano bambini e anziani a costo zero per lo stato!
Intanto, le morti sul lavoro, in continuo aumento, ricordano la tragica origine dell'8 marzo. La precarizzazione del lavoro e l’arretramento dello stato sociale rendono sempre più difficile la condizione materiale delle donne, limitandone di fatto la libertà di scelta e la possibilità di progettare il proprio futuro.
Questo è il paese che non riconosce la libertà delle donne, che svaluta chi lavora, che programma il precariato come strumento di emarginazione e di ricatto di generazioni di giovani, che paga meno le donne che svolgono lo stesso lavoro degli uomini. Il paese dove a una donna si può chiedere all’atto dell’assunzione di sottoscrivere le proprie dimissioni “in bianco”
Il paese in cui le donne migranti sono doppiamente discriminate, in quanto immigrate ed in quanto donne: spesso con condizioni di lavoro che impediscono loro di tenere con sé figli e figlie e le privano di una propria vita affettiva e familiare.
Questo è il paese dove il femminicidio è per le donne la seconda causa di morte, nel quale la violenza maschile, nell’ambito della famiglia e fuori della stessa, fa registrare con una cadenza impressionante morti ed aggressioni che rappresentano ormai un allarmante indicatore di quanto sia distorto il rapporto tra i generi, espressione di una cultura delle sessualità connotata dalla miseria della concezione della donna da parte dell’uomo che non dismette la propria convinzione di poter esercitare sulla stessa ogni suo potere.
Noi intendiamo reagire a tutto questo, alle antiche discriminazioni e alle nuove servitù, vogliamo ricollocarci al centro della vita del nostro Paese per restituire ad esso e a noi energia e dignità dopo quasi un ventennio di progressivo adattamento al berlusconismo. Non sarà facile rimuovere le macerie e ancora più difficile sarà costruire relazioni nuove fra donne e uomini: ma non intendiamo fermarci. Anzi, invitiamo gli uomini a non perdere quella che speriamo si riveli un’occasione preziosa.
Libere tutte, Coordinamento donne CGIL, Il Giardino dei ciliegi, Artemisia, Il melograno, ARCI, Cacerolazos, Libertà e Giustizia, ANPI, donne in rete per la rivoluzione gentile, corrente alternata, donne PD, Donne SEL, donne Federazione della Sinistra, donne IDV, donne dei Verdi
mercoledì 23 febbraio 2011
Nuovo appuntamento

Il grande successo delle manifestazioni del 13/2, con oltre un milione di persone in piazza, non si spiegherebbe se non avesse alle spalle il lavoro politico di moltissime donne, svolto specialmente nelle associazioni. Altro che silenzio delle donne! Semmai va denunciato l'oscuramento continuo a cui siamo state sottoposte da parte dei media.
Il 13 non è stato frutto di una magia, ma del risultato di un lavoro continuo e costante che noi donne portiamo avanti tutti i giorni nei posti di lavoro, nelle famiglie, nelle associazioni ecc. Si tratta, ora, di proseguirlo con maggiore energia.
Abbiamo di fronte a noi l'8 marzo, che è indubbiamente un'altra grande occasione di mobilitazione.
Arrivederci a venerdì,
Libere Tutte
venerdì 11 febbraio 2011
giovedì 10 febbraio 2011
Programma per il 13 febbraio

giovedì 3 febbraio 2011
In vista del 13 febbraio

Considerate oggetti di scambio e merci da acquistare dal Presidente del Consiglio e dalla sua corte, noi donne diciamo BASTA e sollecitiamo anche gli uomini che non vogliono rendersi complici del degrado morale e politico di questo Paese a dire BASTA insieme a noi.
Vogliamo che anche a Firenze il 13 ci sia una iniziativa forte, allegra, con numerose presenze.
Ritroviamoci, come donne impegnate nelle diverse realtà sociali, politiche, di movimento, mercoledì 9/2 alle ore 17,00 al Giardino dei ciliegi – Via dell'Agnolo, 5 - per organizzare insieme, con tutta la nostra creatività, la manifestazione che dovrà animare le vie del centro della città.
giovedì 9 dicembre 2010
Approvata dal Consiglio Comunale di Firenze la Mozione per contrastare la pubblicità offensiva

L'impegno di Libere Tutte per la Campagna Udi "Immagini Amiche" ha portato all'approvazione all'unanimità, da parte del Consiglio Comunale di Firenze del 25 novembre scorso, della mozione “Adesione alla campagna UDI per contrastare la pubblicità offensiva della dignità delle donne”, in cui si invita il Sindaco e la Giunta
"ad applicare per quanto di propria competenza la Risoluzione Comunitaria n. 2038 del 3 settembre 2008 del Parlamento Europeo sull’impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini, che indica come inammissibile il modello pubblicitario lesivo verso il genere femminile;
a chiedere al Governo e alla Regione, per quanto di competenza, di dare immediata attuazione alla Risoluzione Comunitaria n. 2038/2008 del Parlamento Europeo:
ad inserire nel bando di gara della concessione spazi pubblicitari, l’obbligo da parte del concessionario di aderire al codice di autodisciplina di comunicazione commerciale dell’istituto di autodisciplina pubblicitaria"
Il testo completo della Mozione n. 1085/2010 è consultabile qui dalla rete civica del Comune di Firenze.
sabato 23 ottobre 2010
Salviamo i consultori della Regione Lazio
"SALVIAMO I CONSULTORI DELLA REGIONE LAZIO DALLA PROPOSTA DI RIFORMA TARZIA".
Della proposta di legge del Consiglio Regionale Lazio n. 21 del 26 maggio 2010 "Riforma e riqualificazione dei consultori familiari" avevamo già parlato qui.
Le donne e gli uomini della Regione Lazio
dicono NO
alla proposta di legge Tarzia (e altri) perché:
- cancella un patrimonio pubblico di grande valore, frutto di lotte e di conquiste sociali e civili delle donne, che hanno garantito la salute per tutti;
- sovverte l’attuale modello dei servizi consultoriali che garantiscono una maternità libera e consapevole;
- sposta ingenti somme a favore di associazioni private che, in quanto tali, hanno obiettivi diversi da quelli di una struttura pubblica che si rivolge a tutte e tutti, rispettandone la sensibilità.
Dicono SI
alla piena applicazione della legge in vigore (15/76) attraverso:
- la salvaguardia dell’intero campo di applicazione dei compiti assegnati ai Consultori (servizi alle donne, alla maternità, alle famiglie, alle e agli adolescenti, assistenza psicologica individuale e di coppia, ecc);
- lo stanziamento di risorse adeguate (economiche, di personale, di strutture idonee) affinché i Consultori siano messi nella condizione di ben operare e venga finalmente riconosciuta e apprezzata l’alta professionalità delle operatrici e degli operatori;
- il rispetto di intese già approvate come il “percorso nascita” del Piano Sanitario Regionale e la certezza dell’applicazione della Legge 194;
- l’apertura di un Consultorio ogni 20.000 abitanti così come già previsto;
- la conferma del carattere di struttura pubblica dei Consultori e del Personale che vi opera nonché del carattere di laicità e quindi di rispetto delle diverse sensibilità e culture di chi si rivolge ai servizi consultoriali.
CHIEDONO
il ritiro della proposta di legge Tarzia e un impegno della Giunta regionale e del Consiglio ad adoperarsi nell’azione di rafforzamento degli attuali Consultori.
Qui il link diretto alla petizione online