martedì 22 novembre 2011

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne a Firenze

qui sopra volantino scaricabile per diffusione! clicca tasto destro e salva immagine con nome

L’indignazione è il nuovo spettro che si aggira per l’Europa e che si dirige in primo luogo contro lo strapotere della finanza. Per passare alla costruzione di un’alternativa, l’indignazione deve trasformarsi in volontà di lotta e in capacità di unificazione dei diversi movimenti su obiettivi e strategie comuni. Abbiamo bisogno di tutta la nostra forza e di tutta la nostra intelligenza: abbiamo bisogno di condividere saperi e analisi della realtà.

Ma la crisi in atto, con l’attacco che comporta alle condizioni di vita di tutti e tutte, non può farci dimenticare il problema della violenza maschile contro le donne, insita nel dominio patriarcale che permea di sé spazio privato e spazio pubblico. Le politiche governative per uscire dalla crisi inoltre, tagliando in maniera indiscriminata servizi e strutture di assistenza, colpiscono pesantemente i Centri che accolgono le donne vittime di violenza.

Per questo, collegandoci al percorso delle

LEZIONI IN PIAZZA

PER UN'ALTRA RISPOSTA ALLA CRISI

Libere Tutte organizza
Venerdì 25 novembre
Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
ore 17.30-19.00
Firenze, Piazza dei Ciompi, Loggia del Pesce


Lezioni (brevi) di:

Anna Bainotti - Associazione Artemisia - centro antiviolenza Firenze

La violenza maschile contro le donne: succede quando nessuno vede

Elodie Migliorini e Valentina Castelli - Associazione Artemisia – centro antiviolenza Firenze Gli stereotipi nelle relazioni e la violenza

Proiezione video

Canzoni di lotte del gruppo Musiquorum

Introduzione, coordinamento e allestimento dell’aula a cura di Libere Tutte

mercoledì 16 novembre 2011

A rischio l'applicazione della L. 194. Lettera aperta al Presidente Rossi

Aumenta l'obiezione di coscienza: a rischio l'applicazione della legge 194.
Lettera aperta al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi

Al Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi
All’Assessora al Diritto alla Salute Daniela Scaramuccia
All’Assessore al Welfare ed alle Politiche Sociali Salvatore Allocca
Al Presidente della IV Comm. regionale Sanità e Politiche sociali Marco Remaschi
Alla Presidente della Comm. Pari Opportunità Teresita Mazzei
Al Presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze Antonio Panti

indirizziamo la presente lettera aperta per segnalare quanto segue:

Riemerge a livello nazionale la problematica relativa alla piena applicazione della Legge 194/78, con particolare riguardo al progressivo rilevante aumento della obiezione di coscienza che, dai dati di più recente rilevazione, risulta avere superato il 71% dei medici che esercitano la professione nelle strutture pubbliche.
Considerato il costante incremento del fenomeno, l’attuale esiguo numero di medici non obiettori (si parla di 150) e la previsione di pensionamento in relazione all’età degli stessi, è più che giustificato il diffuso timore che nell’arco del prossimo quinquennio la pratica dell’IVG, nelle forme di legge, rischi di incontrare ostacoli obiettivamente insormontabili, ove non si ricorra ad un adeguato rimedio, appunto, degli esiti dell’obiezione di coscienza.
E’ su questo tema che la rete di Associazioni Libere Tutte intende richiamare l’attenzione delle Autorità in indirizzo affinché vengano promosse fin d’ora iniziative atte a scongiurare che la donna in età fertile venga di fatto privata del diritto di accedere all’IVG, nella piena tutela del suo diritto alla salute ed all’autodeterminazione. Si rileva uno squilibrio tra il diritto all’obiezione delle operatrici e degli operatori sanitari e il diritto della donna alla piena e tempestiva applicazione della legge.
Lo spauracchio del riflusso nella clandestinità va eliminato fin da subito.
Abbiamo letto con apprensione il rapporto del recente convegno nazionale dell’AIGA (Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione della 194) e, pur riconoscendo che nell’ambito della nostra Regione la risposta all’applicazione della legge mantiene, rispetto ad altre Regioni, livelli abbastanza accettabili per l’utenza, non possiamo non segnalare la difficoltà incontrata nel tempo dai pochi medici non obiettori nella loro pesante quotidiana routine professionale.
Mancano comunque dati precisi in relazione all’interruzione della gravidanza tramite la somministrazione della RU 486, alla c.d. “pillola del giorno dopo” per la contraccezione d’emergenza ed alla tempestività o meno degli interventi.
Nell’immediato, e lo chiediamo, è necessario istituire un numero verde a cui le donne possano rivolgersi nei casi in cui si verifichino ritardi e inadempienze nell’applicazione della legge.

Sempre con attinenza alla maternità, dal nostro punto di osservazione, abbiamo avuto svariate occasioni di misurarci con il problema della parto-anelgesia.
Al riguardo avemmo a suo tempo assai positive segnalazioni circa la tecnica adottata presso l’Ospedale di Careggi, con la quale, mediante modestissimo impiego di oppiacei ( nella specie “remifentanest”), veniva consentito alla donna che ne faceva richiesta di partecipare attivamente al parto naturale, in una pressoché “naturale” assenza di dolore.
Ciò è quanto abbiamo recepito dal contatto con le donne che ne hanno fatto esperienza. Ci consta che attualmente tale pratica è stata dismessa e che, sia a Careggi che in altri ospedali fiorentini e non in tutti, ove richiesto, è possibile fare ricorso alla sola analgesia mediante peridurale; tecnica invasiva e non scevra di rischi che, peraltro, trova limiti di impiego a seconda dei soggetti.
Anche su tale problematica, che pure sottoponiamo all’attenzione di chi ci legge, vorremmo avere informazioni circa le ragioni della dismissione della parto-analgesia con oppiacei, che tanto favore aveva incontrato in chi l’aveva sperimentata, nonché circa la possibilità di reintrodurla.

Ringraziando per l’attenzione chiediamo quindi un sollecito incontro nel quale verificare insieme le soluzioni e le iniziative praticabili.

In prospettiva chiediamo venga istituito un tavolo regionale di confronto fra i vari soggetti, istituzionali ed associativi, che si occupano dei temi segnalati.

Salutiamo cordialmente


Firenze, 16 novembre 2011 Libere Tutte

mercoledì 9 novembre 2011

Perché il 25 novembre non sia solo una ricorrenza

Libere tutte aderisce, ed invita ad aderire, all'appello lanciato da Lea Melandri e Maria Grazia Campari relativo al 25 novembre - giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne

Appello: perché il 25 novembre non sia solo una ricorrenza


Violenza di genere: dal privato alla sfera pubblica


Il problema della violenza maschile sulle donne - in particolare quella che avviene in ambito domestico (maltrattamenti, stupri, persecuzioni, omicidi, ecc.) - è stato, negli ultimi sei anni, al centro di grandi manifestazioni nazionali, oggetto di dibattiti, appelli, documenti, ricerche, iniziative cittadine, da parte delle componenti più varie dell’impegno femminile. Il fenomeno, come apprendiamo purtroppo dalle cronache quotidiane, non è diminuito, anzi, è aumentato sommandosi alla violenza omofobica contro la libertà di scelta sessuale, mentre è invece inspiegabilmente scomparso dall’agenda del movimento delle donne nel momento stesso in cui stanno per essere chiusi, per mancanza di finanziamenti, alcuni centri antiviolenza.

Senza aspettare che sia la ricorrenza del 25 novembre a ricordarcelo, è perciò necessario che il tema venga ripreso e affrontato per la gravità che riveste e l’ampiezza delle implicazioni, private e pubbliche, che vi sono connesse.

Nella speranza che il movimento nato dalle piazze del 13 febbraio non voglia attestarsi soltanto su posizioni rivendicative, cancellando il mutamento profondo che dagli anni ’70 in avanti il femminismo ha portato alla concezione tradizionale della politica, è importante perciò che, prima di definire un’agenda fatta di obiettivi, proposte specifiche, articolate su diversi piani, si faccia chiarezza sulle interpretazioni che hanno impedito finora di affrontare in tutta la sua complessità e ambiguità una violenza che sembra legata fatalmente alle vicende più intime del rapporto tra i sessi (sessualità, amore, maternità, affetti familiari):

1. la lettura in chiave di devianza o patologia individuale, e non come residuo dell’antico potere patriarcale di vita e di morte su donne, schiavi e figli;

2. l’uso in chiave sicurezza pubblica e di conflitto di civiltà, cioè contro i costumi barbarici di questo o di quello ‘straniero’;

3. l’idea che si possa arginarla con politiche di tutela familiare, senza tener conto che sono proprio i vincoli familiari a tenere ambiguamente confuse protezione e aggressività.

Un altro passaggio importante è non isolare la violenza nelle sue forme manifeste da quella che passa e si perpetua invisibile attraverso la cultura maschile dominante -istituzioni, saperi, linguaggi, habitus mentali, norme morali, mezzi di comunicazione, ecc.- , una rappresentazione del mondo che le donne stesse hanno, loro malgrado, interiorizzata e fatta propria. Rientra nella violenza simbolica o culturale anche la difficoltà a vedere il rapporto di potere tra uomo e donna per la valenza politica che ha in sé, per cui persiste la tendenza a porlo come “questione femminile”: le donne viste come un gruppo sociale omogeneo, portatore di uno “svantaggio” storico da colmare, o di un “talento” da valorizzare quanto merita. In altre parole: un sesso debole da tutelare, o una risorsa salvifica, una visione tutta interna alle “differenze di genere” così come sono arrivate fino a noi, le stesse sulla base delle quali è avvenuta la divisione tra privato e pubblico, la complementarizzazione e la subordinazione del ruolo femminile a quello maschile.

L’identificazione della donna con il corpo, la funzione sessuale e riproduttiva, e quindi la sua cancellazione come persona, è la ragione prima della sua esclusione dalla polis, ma a sua volta, è la violenza implicita in questa privazione di spazi essenziali di spazi di libertà e di potere decisionale ad avere pesanti ricadute negative sulla vita delle donne: dai gesti quotidiani di disvalore alla persecuzione violenta di quelle che tentano gesti di autonomia.

Misure efficaci

Lo svantaggio sociale femminile cristallizzato nella famiglia tradizionale è all’origine della violenza maschile che alligna nel privato e si espande nel pubblico anche grazie alla mercificazione mediatica del corpo femminile, usato come elemento eccitante di promozione vendite in senso lato.
Lo svantaggio politico percepibile in una democrazia a-partecipata e monosessuata determina il quadro e lo completa.
Ecco perché la violenza sessista, anche domestica, non può mai essere un fatto privato, ma è un’indecenza pubblica che le istituzioni non possono ignorare o mistificare attraverso la scorciatoia dell’utilizzo del diritto criminale come risposta esclusiva o preponderante.

A ben altri livelli occorre agire per sradicare questo grumo di violenza ancestrale, sedimentato nell’immaginario maschile, che va contrastato a partire dai primissimi messaggi che i bambini ricevono dalla famiglia, dalla scuola e dalla società.
Le misure suggerite dall’esperienza ben più seriamente strutturata in altri Paesi europei (vedi Legge spagnola del 2004) partono appunto da un piano di acculturamento e sensibilizzazione fin dalla prima infanzia per il cambiamento delle relazioni fra donne e uomini, in ogni contesto del vivere associato.

Si sviluppano attraverso piani scolastici multilivello e una legislazione onnicomprensiva che evidenzia l’origine sessista e discriminatoria della violenza contro le donne e la previene attivamente, contrastando esclusioni e pregiudizi.

Si concretano attraverso una vigilanza costante e un monitoraggio dei risultati, attivando interventi correttivi e provvidenze pubbliche adeguate.

Prevedono, oltre alla visibilità del problema, ritenuto di interesse generale, ruoli attivi delle istituzioni pubbliche centrali e locali, gravate delle connesse responsabilità.


Proposte iniziali

In concreto, sull’esempio di ciò che si fa in altri Paesi, pensiamo si debba promuovere un piano nazionale di sensibilizzazione e prevenzione della violenza di genere, incentrato su specifiche iniziative, tra cui qui citiamo:

· un programma di educazione/formazione sull’esercizio di diritti e obblighi uguali fra maschi e femmine nell’ambito sia privato che pubblico che si sviluppi fin dal livello scolastico elementare;

· il lancio di campagne pubbliche di sensibilizzazione contro gli stereotipi dei ruoli familiari femminili;

· la promozione di azioni positive per la eguaglianza di genere in tutti i campi del vivere associato (politico, economico, culturale), da rispettare rigorosamente (e la cui inosservanza venga sanzionata);

· il reintegro dei fondi incredibilmente sottratti ai Centri antiviolenza e alle Case delle donne, fondi che andrebbero al contrario aumentati per rafforzare le équipe che vi operano con varie professionalità a collaborazione integrata;

· l’istituzione di un Osservatorio indipendente di monitoraggio sui diritti delle donne e di vigilanza sui mezzi di informazione e pubblicità, a garanzia di un trattamento conforme ai valori costituzionali e alla dignità personale delle donne.


Riteniamo dovere principale di tutti gli schieramenti politici e dei singoli che si candidano per ruoli istituzionali in Italia e in Europa l’elaborazione e il perseguimento concreto di un piano integrato per la soluzione di questa incancrenita piaga sociale. Ma quel che ci preme di più è la presa di responsabilità da parte di tutte le donne impegnate in un ruolo istituzionale: a loro chiediamo esplicitamente di proporre, seguire e curare a ogni livello le misure necessarie a questa improrogabile svolta di civiltà.

Anche su questa base, che intendiamo verificare nelle fasi di ideazione e di realizzazione, si decideranno le nostre scelte politiche future.

Lea Melandri Maria Grazia Campari

Associazione per una Libera Università delle donne di Milano